Plutonia e dintorni. Brevi riflessioni in merito a cinque album (ristampati) di Sun Ra.

Foto: La copertina di The nubians of Plutonia










Plutonia e dintorni.

Brevi riflessioni in merito a cinque album (ristampati) di Sun Ra..


Cinque album originali più un 45 giri sono racchiusi in due soli Cd della Solar Records (distribuita da Egea Music), consentendo di riascoltare facilmente un periodo cruciale nell’iter artistico di Sun Ra, all’anagrafe Herman Poole Blount (1914-1993), o ancora Sonny Lee o Le Sony’r Ra, forse il jazzman più eccentrico e misterioso dell’intera cultura afroamericana.


Egli stesso già all’epoca di Angels And Demons At Play (abbinato a Sound Sun Pleasure e We Travel The Space Ways) e di The Nubians Of Plutonia (assieme alla raccolta di singoli Bad And Beautiful), ovvero il quinquennio fra il 1956 e il 1961, fa di tutto per mantenere l’alone di legenda attorno alla sua persona e alla sua musica. Quest’ultima sembra infatti arrivare da un altro pianeta, anzitutto per il carico forse eccessivo di fantarcheologia a cui il leader e la band (la celebre Arkestra) infiorettano i contenuti di ogni disco, giocando espressamente tra arcano (l’Egitto dei faraoni) e science-fiction (astronomia ed esplorazioni spaziali).


Ma dietro alle componenti filosofiche e visuali c’è la musica, in controtendenza su tutto: memore delle proprie origini r’n’b, Sun Ra inventa qui ventotto brevi pezzi, dove la forma-canzone (sia pur strumentale, tranne una Round Midnight con la voce di Hattie Randolph) viene espansa verso suoni etnici spesso in anticipo con quanto poi svolto dal free, dalla fusion o dalla world music. Il percussionismo quasi tribale, qualche trama “exotica” l’accompagnamento futuristico del “Dio-Sole” al pianoforte o alle tastiere e un fedele terzetto di plurisassofonisti (Pat Patrick, John Gilmore, Marshall Allen) completano il quadro di un discorso sonoro in perenne movimento.


E negli anni in cui il jazz nero rivoluziona anzitutto se stesso da Sonny Rollins a John Coltrane, da Miles Davis a Charles Mingus, da Ornette Coleman a Cecil Taylor, il solitario cosmonauta Sun Ra transita da un robusto mainstream verso l’immaginifica new thing intergalattica, lasciando però ampi margini di solida comunicativa, sino a rivelare in alcuni punti un jazz orchestrale degno delle migliori big band, in altri invece sollecitando un approccio deciso alla ricerca sperimentale.