Via Veneto Jazz – VVJ 079 – 2012
Gianluca Caporale: sassofoni, clarinetto
Emiliano D’Auria: pianoforte, elettronica
Amin Zarrinchang: contrabbasso
Alex Paolini: batteria
Luca Aquino: tromba, elettronica
Distante è il crocevia di intenzioni diverse. Emiliano D’Auria nel formare il quartetto prende musicisti provenienti da ambiti musicali differenti e ne sfrutta l’approccio nelle tracce proposte sul disco: la vena mainstream di Gianluca Caporale, la dimensione aperta a soluzioni provenienti dal rock e dal drum’n’bass di Alex Paolini, la solida versatilità di Amin Zarrinchang diventano le sponde per le derive elettroniche e per le composizioni trasversali di D’Auria. Il quadro si completa con la scelta di Luca Aquino come ospite: il trombettista è capace di muoversi sia sugli strati sonori più rarefatti che nella disposizione d’animo del più canonico quintetto.
Le dieci composizioni portano la firma dei cinque protagonisti e, anche se sei titoli vengono dalla penna del pianista, si legge una visione collettiva del lavoro, una ricerca continua da parte dei musicisti di un punto di incontro comune, una forza centripeta che tenga conto delle personalità e dei singoli riferimenti.
E, in questo senso, anch laddove il gruppo ripercorre in maniera più scoperta e riconoscibile alcuni riferimenti – Esbjorn Svensson, Pat Metheny, certe inflessioni à la Weather Report, Brandford Marsalis – questi diventano gli strumenti utilizzati per creare un terreno comune, sia all’interno della formazione che verso il pubblico. Allo stesso modo viene trattato il suono: manipolazioni elettroniche e grana acustica si mescolano con grande compattezza ed è questa, forse, la caratteristica che scorre più cristallina nel tracce del disco. Stratificato, composito, giocato sulla costante addizione di piccole quantità e quindi continuamente misurato, capace di far emergere e nascondere a seconda delle volontà del gruppo la purezza del suono naturale: ascolto dopo ascolto, il suono di Jano Quartet diventa a sua volta contenuto e dirige – come ad esempio in Affinity – Michka – con i successivi cambiamenti nelle diverse stagioni del jazz attraversate.
Come viene ripetuto di continuo da numerosi critici e commentatori, oramai è stato fatto tutto è il contrario di tutto: le possibilità espressive a disposizione dei nuovi interpreti sono nelle combinazioni di questa mole di esperienze pregresse, fonti di ispirazioni e punti da cui prendere le mosse per suscitare eventuali nuove possibilità. Senza cercare la novità o la sorpresa a tutti i costi, Jano Quartet. come si diceva sopra, risponde in pieno a queste istanze e bada al risultato complessivo, a un filo narrativo capace di guardare alle molteplici anime che avuto il jazz nel corso del secolo scorso e alle suggestioni che provengono dalla contemporaneità.