Pollock Project – Pollock Project

Pollock Project - Pollock Project

Tre Lune Records – – 2012




Marco Testoni: caisa drum, percussioni, live electronics

Nicola Alesini: sax soprano, clarinetto popolare, live electronics

Max Di Loreto: batteria, percussioni





Contaminazioni linguistiche e timbriche, accenti di sincera world music, esclusiva libertà di gesto e suono. Ma anche Davis, Pollock ed un amore sconfinato per l’arte.


Pollock Project, visionary art-jazz nella didascalia del web-site, è l’ultimo lavoro di Marco Testoni, Nicola Alesini e Max Di Loreto. Sei mani, un unico ed empatico muoversi nell’invenzione sonora.


Parte la prima traccia, Unnecessary. Dopo l’ammonimento della voce spettrale di Marcel Duchamp sullo stato dell’arte, finiamo catapultati a qualche anno luce dal nostro quotidiano universo. È un possente coro tribale a prenderci per mano da un remoto continente della storia umana, per un viaggio nel più inaccessibile cuore di tenebra della musica contemporanea.


Songlian ci introduce alle soglie di un monastero zen dove, tra rintocchi di steel drum e sciabolate a dripping di un sax soprano, ci liberiamo spontaneamente delle nostre consunte categorie d’interpretazione musicale.


Appena fatto l’ingresso nella più remota Indonesia, ecco si prende a palpitare nel groove di un quadratissimo beat durante Rivoli 59. Ogni cosa diventa profondissimo respiro, panico confondersi in una foresta di frammenti elettronici e percussioni leggere. Al nostro fianco, il granitico 2 e 4 del rullante di Max Di Loreto. L’assenza di frasi tematiche portanti o famigliari impianti armonici fa il resto.


Una rosa mas o menos muove dalla precedente per partenogenesi timbrica, e dispiega il suo pulviscolare racconto in un dialogo allusivo tra le pentatoniche nervose della steel drum di Testoni e le riverberate impennate del fiato di Nicola Alesini. ? Nun importa una rosa mas o menos? recita la diafana voce di un bambino in chiusura di pezzo. Ed infatti nulla importa più che essere qui, nel ventre pulsante di questo immaginifico trio.


Potrebbe essere lo sfondo ideale per una versione 2.0 di Blade Runner.


Chesnut c circle parte su un’introduzione di Caisa drums, metallofoni di recentissima realizzazione simili ai più noti antenati caraibici, e con elegante mimesi apre il sipario su un minimalista mantra ritmico dal sapore ambient in tempo dispari. Tutto confonde i nostri orientamenti, le nostre convinzioni e identità, compresa l’epifania dei tuoni di un vero temporale in conclusione di brano.


Siamo ormai pronti per il penultimo ciclo di metempsicosi sonore. Feronia Circle procede a tempo ternario e non sarebbe dispiaciuta al più esotico Philipp Glass. Ora sono le immagini di Koyaanisqatsi ad accendere i nostri occhi stupiti e in completa regressione infantile. Le vorticose accelerazioni percussive, i colpi di frusta e le velocissime quartine di spazzole, macchiano istintivamente la tela di uno dei titoli di massima improvvisazione collettiva del disco.


Perché poi la riscrittura-rigenerazione di Silent way di Miles Davis ci congedi dall’album è ben evidente. La libera creatività del trombettista americano è ancora l’estrema stella polare che può rischiarare la notte dei nostri asfittici gusti musicali e guidare questo fantastico trio nella scoperta ancestrale di se stessi prima che del fare musica insieme.


Animale, libero, poetico.