Caligola – Caligola 2098 – 2008
Gaspare “Casper” Pasini: sax alto, sax soprano
Luigi Bonafede: pianoforte
Piero Leveratto: contrabbasso
Romano Todesco: contrabbasso
Paolo Pellegatti: batteria
Nell’infuocato sax contralto di Gaspare “Casper” Pasini, rivive il sound magmatico del miglior Phil Woods. Non a caso questo CD porta il titolo di Philing. Non un semplice tributo a una delle figure più significative del jazz moderno, bensì l’interpretazione sincera di uno status, di un “essere jazzista” senza contraffazioni di sorta.
Philing, registrato tra il 1988 e il 1989, pulsa infatti jazz in ogni sua nota, come si evince dal primo, trascinante brano che dà il titolo all’album che ricalca il “new hard bop” di quel periodo.
Merito senza dubbio di una ritmica tra le migliori del panorama nazionale. Luigi Bonafede riveste il ruolo del pianista “senza mezzi termini”. Incalza il gruppo, sorretto da una pulsante sezione che trova in Piero Leveratto (alternato a Romano Todesco al contrabbasso) e Paolo Pellegatti, l’alter ego che fa vivere una situazione di cui si trovano poche tracce in questo clima di velleitarismo che guarda verso lidi sempre meno consoni alla matrice afro americana. Le vette poetiche di Pasini si stagliano in Autumn in New York, morbide, sinuose, dal fraseggio sempre poderoso. Questo (a torto) poco conosciuto musicista, riesce con molta disinvoltura e padronanza dello strumento a ricreare l’humus boppistico che gli appartiene di diritto. Elegante e sinuoso, sulla scia dei Garland e dei Flanagan è Luigi Bonafede, pianista eclettico che si distingue per il magistrale tocco e quel modo particolare di riempire gli spazi che lo contraddistingue fin dagli anni Settanta. L’ombra imperante di Phil Woods, peraltro legato a Pasini da amicizia di vecchia data, si evince anche nel bossanoveggiante Ciacia, dove le biscrome fluidificano sicure e avvincenti. Al soprano, Gaspare Pasini si abbandona a una vena più meditativa (vedi Odrìs di sua composizione), vagamente mistica, nella quale Bonafede insegue a sua volta una dimensione onirica per un duetto di suggestioni emozionali. Ancora il soprano in evidenza sull’altra bossa, The shadow of your smile. Classe e un pizzico di ironia che richiamano il Woods di circa vent’anni fa, quando esternava in quintetto momenti di sublime relaxin’. Track e il rollinsiano Why don’t I restituiscono il contralto deciso e la verve percussiva di Pellegatti (soprattutto nel primo). Degna conclusione per questo Cd che ci ridona il senso del jazz non poteva essere che il classico per eccellenza: ‘Round about midnight, per l’ennesima gemma da incastonare. Una rivisitazione apparentemente manieristica, ma che esalta Pasini in una sofferta versione che va ben oltre l’omaggio. Alla luce di questa opportuna “riesumazione” non ci resta che domandarci che cosa abbia fatto questo splendido musicista negli ultimi due decenni… Questa splendida musica sembra voler aumentare il mistero.