Alice Records – 2012
Riccardo Fassi: pianoforte, Fender Rhodes
Alex Sipiagin: tromba, flicorno
Dave Binney: sax alto
Gary Smulyan: sax baritono
Andy Hunter: trombone
Essiet Essiet: contrabbasso
Antonio Sanchez: batteria
Nel titolo del disco e nel nome della formazione risiedono molti degli elementi presenti nel nuovo lavoro di Riccardo Fassi. Innanzitutto il più evidente, il riferimento newyorchese rimanda in maniera esplicita alla costituzione della band, formata da Fassi con alcuni dei musicisti statunitensi con cui ha collaborato nel corso degli anni. Ne viene fuori una all-star del modern mainstream statunitense con, in più, una connotazione anagrafica abbastanza definita, vista l’appartenenza dei protagonisti a un’età intermedia, fatto che li rende capaci di unire maturità esperienza e piglio. Abbiamo incontrato Alex Sipiagin, Dave Binney, Gary Smulyan, Andy Hunter, Essiet Essiet e Antonio Sanchez sui palchi e nelle registrazioni più importanti, a fianco del gotha del jazz mondiale: sulle qualità e sul percorso dei singoli c’è davvero poco da aggiungere
L’intervento di Fassi consiste nel rendere un ensemble di individualità una Pocket Orchestra, un’orchestra limitata nel numero dei suoi componenti, ma in grado di assolvere alle diverse funzioni dell’organico più ampio e alle intenzioni della scrittura. Fassi porta nel progetto le tante esperienze alla guida di una formazione storica come la Tankio Band e l’attitudine orchestrale della sua concezione musicale. La disposizione dei brani, le assidue collaborazioni con i musicisti coinvolti, la visione precisa del materiale proposto dal pianista rendono possibile la convergenza dei vari interpreti e lo sviluppo sempre efficace delle melodie.
Con la parola “melodia” arriviamo al terzo elemento presente, questa volta, nel titolo, vale a dire Song. La melodia innanzi tutto, potrebbe essere uno slogan utile per riassumere l’attenzione precisa e costante di Fassi alle frasi con cui si costruiscono i brani. Temi, naturalmente, ma anche il lavoro dei fiati impiegati in sezione, obbligati e sostegni reciproci: e con altrettanta naturalezza l'”ambiente” creato si riflette anche nelle improvvisazioni dei solisti, indirizzate sempre verso la ricerca di un filo discorsivo lineare, sempre consequenziale e fondato sulle basi delle varie composizioni. La scrittura di Fassi, però, non offre spunti semplicistici: vuole semplicità di esecuzione e si offre a una lettura piana per l’ascoltatore pur poggiando su presupposti tutt’altro che scontati. La metafora del titolo, può essere interpretata, anche con la complicità dell’immagine di copertina e con il riflesso della musica presente nel disco, attraverso una pensosa e articolata riflessione che prende lo spunto di partenza e torna sulla concezione melodica del jazz, attraversando nel suo periplo stagioni, letterature, influenze e prospettive diverse.