Foto: Fabio Ciminiera
Tune Up Jazz Festival 2012.
Lanciano – 6/20.12.2012
Un festival articolato su tre giovedì consecutivi nel mese di dicembre. Oltre ai concerti serali, ogni appuntamento si è articolato con attività diverse, dagli incontri pomeridiani con gli artisti al dopo-concerto. Nel corso dell’ultima serata – in cui è stata protagonista la voce di Sherrita Duran – abbiamo parlato con Walter Gaeta, direttore artistico della rassegna. «È stata un’esperienza positiva ma molto faticosa: abbiamo aggiunto altre attività, abbiamo cercato di dare maggiore spazio al dopo festival, abbiamo cercato di coinvolgere le scuole.»
Dialogo, vicinanza, condivisione, possibilmente in ambienti diversi dal palcoscenico tradizionale. Il Talk & Live, l’incontro con i musicisti, ad esempio, è stato pensato con Giuseppe D’Autilio all’interno del suo negozio sul corso di Lanciano. I concerti ‘Round Midnight hanno permesso al festival di lasciare traccia in più direzioni, con il coinvolgimento di locali, musicisti del territorio e generi differenti. «Dobbiamo renderci conto che è finito il concerto, concepito alla vecchia maniera. C’è bisogno di portare gli artisti in mezzo al pubblico, c’è bisogno di costruire altre realtà intorno all’evento musicale. Si tratta di cose non impossibili, ma sufficienti a dare qualcosa in più al pubblico e a consentire di entrare maggiormente in contatto con l’artista e di conseguenza con la musica.»
La parte centrale, naturalmente, resta quella del concerto serale. L’apertura è stata affidata al trio pianoless di Max Ionata, insieme a Francesco Puglisi e Nicola Angelucci. Il secondo appuntamento ha visto protagonista la chitarra con il concerto in solo di Antonio Onorato e il suo viaggio alla ricerca delle tradizioni del mondo, dal Brasile ai nativi americani ai tesori della musica napoletana. Il concerto è stato aperto da un performance, sempre in chitarra solo, di Stefano Barbati. Per il concerto conclusivo ancora un cambio di atmosfera: la voce di Sherrita Duran si è misurata con un recital legato alla grande tradizione del musical e, in tema con l’approssimarsi delle feste, con le melodie del Natale. «Devo innanzitutto ringraziare gli artisti. Non appena ho parlato loro del progetto, si sono messi a disposizione, in maniera davvero preziosa. Hanno condiviso l’idea del laboratorio e di presentarsi al pubblico con grande totalità. E gli spettatori hanno colto la loro partecipazione: questo, per me, è il risultato più importante del festival.»
Una volta, di norma, parlando con il direttore artistico di una rassegna, nell’ultimo giorno della manifestazione, il bravo intervistatore avrebbe chiesto: “Quali sono le intenzioni per le prossime edizioni?” Bisogna rivelare, purtroppo, che ormai non sempre gli staff organizzativi dei festival possono sapere con certezza quando e se si terrà la successiva edizione. «In effetti, questo è un punto centrale. Già questa seconda edizione giunge due anni dopo la precedente. ed è stata realizzata grazie al sostegno di molte persone che mi hanno spinto ad impegnarmi e mi hanno aiutato. E, tutto sommato, sto pensando se non abbia senso renderla una rassegna biennale: l’idea è senz’altro quella di coinvolgere intorno al festival persone che possano dare vita ad iniziative diversificate. Come dicevo prima, l’idea consueta di festival si può reggere se porti nomi come Herbie Hancock o Wayne Shorter: con budget ristretti e personaggi di grande spessore artistico, ma non conosciuti al pubblico generalista, bisogna creare un terreno fertile per fare avvicinare le persone e fare scoprire loro la grandezza dei nostri musicisti.»