Mordente Records – MRD003 – 2012
Fabrizio Bosso: tromba
Gaetano Partipilo: sax alto
Claudio Filippini: pianoforte
Giuseppe Bassi: contrabbasso
Fabio Accardi: batteria
Il secondo capitolo di The Jazz Convention arriva più di dieci anni dopo il primo lavoro – Up up with The Jazz Convention, uscito oltre dieci anni fa per Schema Records – e propone la formazione con una line up pressoché identica a quella del precedente disco: non ci sono in Sound Briefing Stefano Bollani e Gianluca Petrella e la band diventa un quintetto con Claudio Filippini al pianoforte.
Mentre il disco scorre nel lettore, è quasi inevitabile lasciare scorrere il pensiero verso un confronto tra la scena in cui si affacciava il primo lavoro e la situazione attuale, un bilancio di quanto è successo nel jazz italiano in questi due ultimi decenni, anche grazie ai musicisti coinvolti. Il primo lavoro metteva in risalto una generazione di musicisti emergenti, alle prese con un lavoro importante, presentato in prima persona prima ancora – ma vado a memoria e potrei sbagliare – dei propri dischi da leader. Le sonorità hard bop, la freschezza e, ancor di più, il vigore delle interpretazioni, l’effetto della novità e il valore dei solisti hanno segnato un classico esempio di “cosa giusta al momento giusto”: molti hanno conosciuto con quel lavoro musicisti come Fabrizio Bosso, Gaetano Partipilo, Stefano Bollani, Gianluca Petrella, Giuseppe Bassi e Fabio Accardi, conoscenza e apprezzamento confermati con i concerti e i lavori successivi. L’estetica hard-bop. sempre presente nelle preferenze di molti appassionati, si è legata in maniera essenziale alla riscoperta del jazz o, meglio, a un ascolto più diffuso e popolare con tutte le implicazioni che questo fatto possa avere. Infine, in particolare, la scena pugliese ha iniziato in quel periodo a consolidarsi come fenomeno e a mettere in mostra la sua nuova generazione capace di dialogare sia con la club culture allora nascente intorno al Fez e a Nicola Conte che con le precedenti esperienze di avanguardia e, naturalmente, con i nomi e le formazioni dell’intero panorama nazionale.
Nel lasso di tempo trascorso tra i due lavori sono successe davvero mille cose. I nostri giovani e sorprendenti musicisti – per citare un’intervista di Fabio Accardi – sono diventati più maturi e più impegnati, hanno individuato ciascuno un proprio percorso e stabilito collaborazioni significative. In Sound Briefing, in coerenza con il marchio di fabbrica del gruppo, l’attenzione ritorna principalmente all’estetica dell’hard bop, senza dimenticare di lasciar trasparire le esperienze maturate e incontrate. Una scaletta veloce e serrata, suonata in maniera brillante su ritmi sostenuti e coinvolgenti. Tre brani ripresi dal repertorio di Lee Morgan (Yes I Can, No You Can’t), Charlie Parker (Billie’s Bounce) e Andrew Hill (The Rumproller) aprono e chiudono una scaletta di temi originali, proposti in maniera decisamente democratica e conseguente con le atmosfere del lavoro. La gestione complessiva della musica riflette la vocazione collettiva già espressa nel nome del gruppo: le numerose collaborazioni reciproche, ma anche il piacere di suonare un repertorio costruito su alcuni elementi fondanti come il blues, il groove e le dinamiche esplosive, rendono fluido e scorrevole il programma, sempre animato da assolo energici e centrati. Se l’unica ballad è Daniela’s Walking, brano dedicato alla cantante Daniela D’Ercole prematuramente scomparsa e interpretato con lirica partecipazione, un tema come Il fiore purpureo di Claudio Filippini, già presente anche nel suo Enchanted Garden in una versione più delicata, viene affrontato con verve e piglio dal quintetto e condotto su un terreno decisamente più rovente. Endless dream è una pausa morbida tra i successivi fuochi d’artificio che si susseguono traccia dopo traccia nel disco: è il tono che si attenua, non l’intensità dell’esecuzione, e resta troppo “energico” per poter essere definito una ballad.
Ma tutto il disco è una divertente e divertita “prova di forza” che guarda al suono Blue Note e lo interpreta in maniera del tutto pertinente e efficace: basta considerare Silversonic che rende sin dal titolo l’omaggio a uno dei suoi maggiori protagonisti, vale a dire Horace Silver, con una fulminante composizione di Gaetano Partipilo, sulla quale i solisti trovano modo di lanciarsi in improvvisazioni elettriche e brillanti.
L’hard bop non potrà mai essere superato o fuori moda. I canoni, le atmosfere e il tiro sono attraenti e, per di più, individuano con grande nettezza un’epoca, il manifesto estetico di un’etichetta come la Blue Note, una storia fatta da interpreti importanti e su dischi storici. In quanto tale è uno dei primi e più felici approcci al jazz di molti degli appassionati e dei musicisti e rimane piacevole anche a chi ascolta il jazz per caso o distrattamente. Per questo motivo oltre che per l’interpretazione del quintetto e la sua grande complicità, Sound Briefing non è fuori tempo massimo e, per quanto possano esserci elementi già percorsi anche dagli stessi componenti del quintetto, risulta pienamente in linea con i propri assunti.