Flavio Caprera: Jazz 101

Foto: Copertina Libro





Flavio Caprera: Jazz 101

La Storia del Jazz in 101 Dischi

Piccola Biblioteca Oscar Mondadori


Il “carattere divulgativo” della storia del Jazz, il suo ampliamento verso l’attenzione e la ricezione culturale di più platee è la parola chiave dell’importante lavoro storiografico di Flavio Caprera.


Giornalista, collaboratore del bimestrale Jazzit, critico attento soprattutto nell’ambito storico della musica afroamericana, Caprera pubblica questo suo secondo libro per la Piccola Biblioteca Oscar Mondadori dall’esplicativo titolo di “Jazz 101”.


Centouno sono infatti i dischi o meglio le pubblicazioni che Caprera raccoglie e analizza in questo agile volume, cercando di rappresentare al meglio una sorta di classifica delle migliori incisioni della storia del jazz di tutti i tempi.


Il critico ha ben disposto il libro dando innanzitutto ordine cronologico ai dischi affrontati. Si comincia con Scott Joplin – padre storico del ragtime – per poi proseguire con le figure fondamentali del “primo jazz” degli anni Dieci e Venti, dalla Original Dixieland Jazz Band a Joe King Oliver, da Louis Armstrong a Bix Beiderbecke toccando il blues di Bestie Smith e il rag “evoluto” di Jelly Roll Morton e Duke Ellington nonchè la celebre triade pianistica composta da Fats Waller, James P. Johnson e Art Tatum.


Come espone Caprera nella sua introduzione, il periodo preso in considerazione è in larga parte rappresentato da raccolte, ovvero da volumi antologici costituiti anche da più cd in quanto le pubblicazioni di allora erano generalmente incise su formati come 78 giri o EP e non con la formula che modernamente conosciamo dell’LP o del CD appunto. Questo sintetizza e favorisce maggiormente la fruizione dell’ascoltatore in ordine ad un contenuto ancor più consistente dell’artista in analisi.


Saltando altre “fasi antologiche” che racchiudono artisti come Charlie Parker, Billie Holiday, Woody Herman e Fats Navarro, dal jazz “moderno” in poi Caprera elenca i lavori fondamentali che ogni appassionato o neofita deve possedere nel proprio scaffale.


Ovvio è che i dischi fondamentali del jazz sono ben oltre i centouno e chiaro ci sembra che tanti ne sono rimasti fuori dalla magic list, ma tant’è: sintesi, analisi storica, numero predeterminato e soprattutto, ripetiamo, divulgazione, giocano un ruolo dominante sul volume in questione.


Inutile citare tutta la scaletta dei dischi affrontati. Non ne manca nessuno: “Intuition”, “Birth Of The Cool”, “Django”, “Pithecanthropus Erectus” (chi scrive avrebbe aggiunto “Mingus Ah Um” invece che “The Black Saint and the Sinner Lady”), e poi “Saxophone Colossus”, “Kind Of Blue”, “Giant Steps”, il “Complete Village Vanguard Recordings 1961” di Bill Evans, “A Love Supreme”, “Point Of Departure”, giusto ci sembra il “Miles Smiles” (anche se del quintetto di Miles ugualmente fondamentale fu “E.S.P.”), “Out To Lunch” di Dolphy fino alla svolta elettrica di “Bitches Brew”, non dimenticando i dischi di Steve Coleman, Cassandra Wilson, Pat Metheny, Weather Report e Brad Mehldau.


Insomma ce n’è per tutti i gusti. Un plauso va dunque a Caprera per aver pubblicato una guida ottima e veloce per arginare la sete di sapere di chi da poco si sta avvicinando al jazz ma anche per chi volesse ampliare la conoscenza dei suoi 101 dischi di jazz preferiti.