Sébastien Bonniau Trio – Infundibuliforme

Sébastien Bonniau Trio - Infundibuliforme

Wide Sound – WD 193 – 2012




Sébastien Bonniau: vibrafono, composizione

Guillaume Antonicelli: basso elettrico

Attilio Terlizzi: batteria



ospiti:

Pierre-Jean Gaucher: chitarra

Frédéric Balsarin: chitarra

Jean-Luc Rimey-Meille: marimba

Nicolas Casanova: corno francese





Saremo mica capitati nel bel mezzo del sequel di un progetto alla Gazeuse! dei Gong o affini? Né troppo ci manca… Il nesso, non è vago, ancor meno lieve.


In virtù della liquidità agile del vibrafono di Sébastien Bonniau, il disinvolto gioco solistico impiega poco o nulla ad imporsi all’attenzione e lanciare il moto: sostenuto dal polposo, nervoso fretless-bass di Guillaume Antonicelli, dall’elastica e piuttosto instancabile batteria “prog” di Attilio Terlizzi, il soundscape del trio, dal vitalistico umore delle ipercinetiche prime due tracks si dilata anche su forme più espanse quali Outback, il gioco bilanciato si fa da rutilante ad esplosivo in Mutante, e l’ensemble non depone l’intrinseco dinamismo nemmeno nell’umor gaio speso nel rivisitare la zappiana Echidna’s Art of You. Un ripasso generale di progressive prima della nuova sessione nel colorito Le café est notre ami, le lamine del vibrafono di Bonniau vengono doppiate da quelle della marimba di Jean-Luc Rimey-Melle, alleandosi alla ritmica che assume corpo solido nel conclusivo ululato prog-rock a segnare la celebrazione crimsoniana in Red.


Che la lezione sia stata appresa e la musicalità ripresa dai capisaldi del capitolo rock più multicolore, se è in parte confermato dall’aver incluso nel programma due lavori a firma di Robert Fripp e – per l’appunto – Frank Zappa, è peraltro palesemente esposto dal rapido, colorito andamento del programma; e che poi buona parte dei titoli sia improntata ad uno spirito caustico – seppur bonario e giovanilmente cervellotico – gli umori e gli estri si mantengono, piuttosto coerenti e per lo più coinvolgenti, su una dimensione formale, guidati dal protagonismo per lo più limpido, sempre dinamizzato e figurativo, di Bonniau, a scandire l’incedere e lo sviluppo di un album che incontrerà il favore dei cultori di quelle smaltate forme di passaggio, di spirito e performing fusionista.


Caleidoscopica, tonica e di colore, ove questa musicalità non giungesse a parlare al profondo e allo “spirito di rottura”, la performance del trio Bonniau vive almeno con accattivante, ammiccante gusto dell’effetto, prevalentemente nell’esposizione di una dimensione ludica all’insegna del dinamismo e della danza.