Intakt Records – CD 214 – 2013
Gabriela Friedli: pianoforte
Daniel Studer: contrabbasso
Dieter Ulrich: batteria
Statuarie, nervose movenze delle quattro corde basse, scintille percussive, tasti e corde del piano in agio e libertà sono la “persuasiva affermazione d’apertura, senza riguardi a quale metro si possa impiegare per valutare l’album; l’articolazione di un ampio spettro di strategie compositive e improvvisative; la sua risposta al sempre più soporifero stato del jazz-piano trio” secondo le note di copertina piuttosto assertive ed immodeste, ma certo è che l’attenzione, positivamente sollecitata dalle morfologie del gruppo, spettacolarmente valorizzate dalla netta ripresa acustica, è certamente premiata seguendo l’evoluzione di Started, quarto album Intakt (dopo Intervista, Fragile, This Side Up) della pianista Gabriela Friedli, piuttosto attenta – come s’ascolterà – a conferire dimensioni ulteriori alle geometrie di questa formula.
Non che della filiazione evansiana e del sistema solare jarrettiano ci tocchi all’ascolto e alla fruizione una sequenza di pallide derive ed amorfi asteroidi – la formula-trio è viva, operosa e vitale: forse perché “assopite” sono le aspettative nei rispetti del modulo, che le soluzioni e i vividi estri del trio Friedli-Studer-Ulrich s’adopra non a porre a soqquadro (eppur palese è la tentazione!), ma vivificandone i segni della già oceanica letteratura.
Il contrabbasso sornione e dalle movenze insettiformi di Daniel Studer, le pirotecnie asciutte, alquanto allucinate delle batteria di Dieter Ulrich, d’intesa con il moderato protagonismo della prestazione pianistica agglutinante, fitta di accordi-clusters ribattuti e di palese materia metallica di Gabriele Friedli, nella partecipata costruzione di Started non lasciano scorgere asperità d’ascolto ma palesi sintonie fluenti, pur nella provocatoria libertà stilistica.
La ritmica e l’armonizzazione “regolari” mascherano l’intelligente inganno, sottendono fraseologia liberamente interattiva tra i tre talenti all’opera, deprivando l’ascolto dalle figurazioni abituali lo compensano con l’invenzione costante, e quando riguadagniamo una palese dimensione melodica (Mbruef, Started) lvi si giunge dopo aver attraversato alcune stanze di trio free tali la delicatezza elusiva di I wrap my dreams in troubles, d’eloquenza erratica ed estraniante, le tinte pallide di humour spoglio (Come Lately), le vacuità scabrose di Drei in eins, Avra e la conclusiva Out of nothing, di focale ed avventurosa solidità.
Si ritiene di poter aprire l’interessante sezione Swiss Jazz, dedicata al jazz elvetico, segnalando questa alquanto felice proposta, meritevole di adeguata diffusione, che sospinge con esito corposo e brillante i primi passi delle uscite jazz del 2013.