Oregon – Family Tree

Oregon - Family Tree

Cam Jazz – CAM 5046 – 2012




Paul McCandless: oboe, clarino basso, sax soprano, flauti

Ralph Towner: chitarra classica, synth, pianoforte

Glen Moore: contrabbasso

Mark Walker : batteria, percussioni, drum synthesizer





Questione di feeling (molto spesso), questione di editing (talvolta) – e così se alla prima impressione l’impatto non sarà rivoluzionario per oregoniani e non, si potrebbe dare ad un riascolto una più ottimale chance, ripensando a proprio piacimento una diversa scaletta dei brani che al presente e nient’affatto spiacevole Family Tree avrebbe conferito attrattive anche più catturanti.


Così, intraprendendo la sequenza con lo scoppiettante jungle-jazzy di Bibo Babo, con franca onestà l’oregoniano schietto dirà non solo fra sé e sé: ci risiamo! Meglio non sarebbe andata aggredendo l’attenzione con il più strutturato (è questione di editing!) Tern, dalle effervescenti alchimie (e che ottimamente tasta il polso al sensibilissimo fraseggio al soprano di MCandless) o riportarci agli ibridi pungoli elettronici in stile Ecotopia di Stritch? E via rimontando… gli ingredienti, il colore e (appunto) il feeling di Oregon “nuovo corso” si trovano un po’ tutti: segnata nel soundscape dall’avvento dell’elastico drumming e dei frame-drums dell’ultimo arrivato Mark Walker (e i due vecchi marpioni Mc Candless e Towner, così interpellati, avranno un bel voler sminuire la cosa) la musicalità oregoniana procede lungo quel suo spesso, pulsante binario elettro-acustico, prevalentemente aproblematico e formale, ma molto vivendo entro la profonda linea sensibile e lirica incisa per oltre quattro decadi dagli appena citati alfieri delle linee melodiche della band.


Pure, non latita qualche nuovo spunto: se non siamo in presenza di un album di riepilogo o di svolta come già fu per Friends, In Performance, l’omonimo per ECM, Beyond Words o Northwest Passage (giocando un attimo con la già lunga memoria) e via dicendo, c’è sempre più che sufficiente materia e classe per scolpire l’elegante Julian (non certo priva di feeling) o The Hexagram, di passo statuario, esoticheggiante e forte del setoso protagonismo di Towner e, cosa piuttosto notevole, in Moot il sommo Glen Moore impartisce con il suo importante, settecentesco Caspar Klotz una delle sue rare lezioni di cavata e tocco (già e da sempre notevolissime nel conformare il soundscape di Oregon!) e rimane in sospeso, circa l’ottimo solista, la questione su cosa ne avrebbe guadagnato la statura se fosse stata gestita da un più grintoso self-management.


Perfettamente a fuoco i marchi di fabbrica Oregon nei vigorosi pastelli (di cui non si avrebbe mai abbastanza) dell’eponima Family Tree, densamente evocativa l’informale, sfuggente Jurassic, duttili e intessute le ondulazioni del fumoso passaggio lunare di Mirror Pond, tesissimo il pregnante free in Max Alert, preludendo all’epilogo della tracklist (ormai è positiva prassi! – ed è pur sempre affare di editing…) con la pimpante marcetta di congedo Carnival Express (in questo caso di tono appena più sbiadito rispetto alle analoghe e godibili Doff o In Stride) abituale, conclusiva palestra per il pirotecnico drumming del giovane Walker.


Rimontando l’ordine dei fattori, se il prodotto infine non cambia, giochiamo pure con l’editing, tornando volentieri all’ascolto che, con più variegata freschezza, ripropone senza scosse ma nemmeno cadute d’attenzione la miscela Oregon e, quanto agli attuali standard della band, il consueto feeling.