Foto: Fabio Ciminiera
Eliot Fisk & Bill Frisell.
Pescara, Teatro Massimo. 1.2.2013
Eliot Fisk: chitarra classica
Bill Frisell: chitarra elettrica
Due maestri della chitarra, ognuno con il proprio modo di intendere e interpretare lo strumento. Raffinata, essenziale, rispettosa della scrittura ma capace di aprire nuovi scenari con arrangiamenti e trascrizioni di pagine prese dal repertorio classico come dalle pagine del compagno di avventura, Eliot Fisk. Visionario, sperimentale, elettrico, aperto alle varie forme di improvvisazione e di confronto stilistico, Bill Frisell.
L’incontro tra i due si presenta come una reazione chimica per la ricerca di nuove prospettive espressive, dove tutti gli elementi vengono trattati con cura precisa ed estremo rispetto. Il concerto pescarese ha aperto una piccola tournée adriatica completata da altri tre concerti a Ancona, L’Aquila e Bari ed è stata la terza volta che i due chitarristi salgono insieme su un palco.
Il concerto si divide in tre fasi ben distinte. In apertura, due sezioni in solo, brillanti, libere e affidate all’estro dei musicisti. Bill Frisell passa dai Beatles, al blues, da Henry Mancini al jazz in un’improvvisazione lucida quanto lirica. Fisk si concentra sulle trascrizioni per chitarra di brani di Albeniz, Barrios e Paganini.
Dopo una breve pausa, il duo si presenta sul palco con un programma tutt’altro che facile o scontato e una scaletta nel complesso forse un po’ troppo lunga per quanto intrigante: pagine da Luciano Berio, Johann Sebastian Bach, Villa Lobos, Robert Beaser, George Gershwin, Stephen Foster oltre ad alcuni temi di Frisell per arrivare infine a Benny’s Bugle di Benny Goodman e Charlie Christian e chiudere con Amazing Grace eseguita come bis. Fisk introduce in un perfetto italiano brani e situazioni di un concerto capace di spaziare nel repertorio attraverso tutte le diverse prospettive dello strumento per procedere alla sintesi sonora del duo. Una disposizione più variegata dei momenti e una durata complessiva più contenuta avrebbero potuto giovare alla “spettacolarità” del concerto: Fisk e Frisell hanno invece sviluppato il programma in modo da mantenere una coerenza espositiva e un rigore formale di grande profondità.
Ed è in questa direzione che insistono i chitarristi: la convergenza dei due mondi sonori ed espressivi, il confronto tra atteggiamenti estremamente differenti “serve” proprio nel momento in cui colora con una luce inusuale i materiali presi in considerazione e, per ottenere, questo l’attenzione deve essere puntata esclusivamente sulla musica. Per lo stesso motivo, Fisk e Frisell applicano il risultato della loro reazione sonora verso molte – se non tutte – le direzioni dello scibile musicale senza evitare il confronto con stili e generi e, di conseguenza, affrontare composizioni e atmosfere con apertura praticamente enciclopedica.