Ronin Rhythm Records – 010 – 2012
Sha: sax alto
Urs Müller: chitarra elettrica
Lionel Gafner: basso
Kaspar Rast: batteria
Seconda incisone da titolare per il fiatista Sha (al secolo Stefan Haslebacher – ma non è di pubblico dominio!), bernese di nascita e residenza ma in particolare zurighese d’adozione, non fosse per il prodursi con ormai longeva regolarità, e dagli esordi, con le formazioni Ronin e Mobile del pianista Nik Baertsch, non solo nelle prove discografiche dei due gruppi, fino all’attuale Live per ECM, ma soprattutto nella loro fitta serialità concertistica, caratterizzandone il sound con le profonde e lugubri note del clarino basso e più taglienti e agili figurazioni al sax alto.
Non mancano peraltro vitali collaborazioni ad altre titolate band locali (quali Blau di Mik Keusen) ma ciò non ha fatto mancare il tempo per dedicarsi ad un’attività in proprio, esordendo nel 2008 con il notevole Chessbox vol. 1, per cui ha anche lanciato l’inedita e giovane formazione Banryu che, senza disconoscere i legami con le soluzioni già praticate con i gruppi di militanza, ne dilatava i confini e l’estetica con una solida circolarità pop, grata all’ascolto e al contempo portatrice di spunti positivamente in debito con la forma-canzone in un particolarmente dinamizzato contesto ambient di qualità.
Tempo di mutamenti di rotta (e in formazione radicalmente rinnovata) e certo dando prova di lucida autoironia nel titolare Greatest Hits in un momento di salute assai precaria per il disco (ma fortunatamente non per creatività e vitalità in musica) in un diverso episodio di vedute sonore, ancora una volta prodotta per la casa-madre Ronin Rhythm Records.
Grande e visionaria trance, vivida dinamizzazione delle robuste ossature del progressive aprendo con Build us a Rocket then… in cui la più volte sperimentata diade sassofono-chitarra trova nella pariglia Haslebacher-Müller un eruttivo duo di vocalità forti e concertanti, che nelle asciutte timbriche hard riporta a crude e primigenie pulsioni ed energie rock.
Forti e palpabili reminiscenze delle circolarità Banryu (ribadendo l’invito a recuperare l’album) almeno nella prima parte del successivo Kharrho, seppur in meno ariosa crudezza timbrica e ulteriormente drammatizzata nello sviluppo, che transitando nel successivo Massive Bereavement, ove l’articolazione fraseologica di Sha è coerente con le abituali performance del solista, e contemporaneamente s’embrica e interfaccia con le più vigorose irradiazioni prog-rock, sostenute dal canto plastico e lunare del basso elettrico di Lionel Gafner, e da un più trasparente e articolato drumming di Kaspar Rast, lungamente apprezzato come motore ritmico del quintetto Ronin, che si conferma “autentico” batterista di tocco forte e impeccabile (implacabile appare ben più appropriato!) per regolarità e incisività di groove.
Infine, la più tipica numerologia baertschiana torna nel finale 048, sintetico titolino per la track evidentemente abbeverata alle sorgenti creative dello zen-funk di scuola Ronin, che apre in uno stato d’ascolto e risonanza per evolversi in “modularità” verso la successive, più cupe code rockeggianti tratteggiate dalla grintosa chitarra,con il lugubre innesto d’oscuro colore delle più gravi note dell’ispirato e qui più duttile sassofono. Sax.
Album che si colloca con agio entro il filone rock-jazz in coda alle vedute progressive, certamente aggiornandolo di una quota eversiva e dis-fonica improntata delle sintonie dei contemporanei della scena in mutamento, Greatest Hits attesta le (non frequentissime) capacità di artisti conformati di saper mettere in gioco le proprie musicalità e soprattutto identità, rispettando la cultura di formazione ma insieme spiccando il volo dalle appartenenza di “genere”.