JAZU: Jazz from Japan. Intervista. Hikari Ichihara

Foto: Toru Kometani.










Intervista a Hikari Ichihara


Recensione a Precioso

La trombettista Hikari Ichihara si è da tempo imposta come una delle musiciste di spicco della nuova scena jazzistica giapponese. Le sue notevoli qualità musicali le permettono di spaziare dalle piccole formazioni a quelle più estese consentendole di lasciare sempre un’impronta personale ed altamente espressiva. In occasione di Precioso, il suo ultimo lavoro, ci ha raccontato di lei, della sua musica e della sua terra.



Jazz Convention: Partiamo dall’inizio. Anche tuo padre è un musicista, quindi possiamo dire che la musica è sempre stata presente nella tua vita sin dalla tua infanzia. Quali sono i tuoi ricordi a riguardo?


Hikari Ichihara: Sebbene oggi sia un jazzista, a quei tempi mio padre faceva il turnista di musica pop negli studi di registrazione, sono quindi cresciuta circondata da musica pop e grandi session men. Uno dei miei primi ricordi a riguardo è quello di essere andata alle Hawaii per assistere ad uno dei suoi concerti. Ricordo anche di aver ballato al suono di quella musica.



JC: Come è avvenuta la scelta della tromba?


HI: Quando avevo dieci anni sono andata ad un concerto ed ho visto per la prima volta un trombettista. La tromba mi affascinò tantissimo. Così come lo fece quel trombettista: lo trovai molto attraente! Quindi ho iniziato a studiare lo strumento appena sono entrata al liceo.



JC: Hai esordito come trombettista classica per poi passare al jazz. Cosa ti ha spinto a cambiare genere e cosa hai trovato nel jazz che invece non eri riuscita a trovare nella classica?


HI: All’epoca non conoscevo il jazz. Fu questo, credo, il motivo per il quale scelsi la musica classica. Poi all’età di quindici anni conobbi Eric Miyashiro, un trombettista straordinario che aveva anche fatto parte della band di Maynard Ferguson. Quando lo ascoltai, pensai: “Questa è la musica che stavo cercando.” Così decisi di diventare una musicista. Credo, tuttavia, che la cosa più importante dello suonare uno strumento sia imparare i fondamentali, cosa che stavo facendo studiando la classica. Per questo motivo ho atteso che entrassi al college musicale prima di passare definitivamente al jazz.



JC: Quali sono stati i tuoi idoli musicali durante il tuo apprendistato jazz?


HI: Clifford Brown e Tomonao Hara, il mio primo insegnante di tromba jazz al college.



JC: Qual’è la cosa più importante che Hara ti ha insegnato?


HI: Non smettere mai di studiare, ed è quello che continuo a fare!



JC: Nel 2005 hai inciso il tuo disco d’esordio con la major giapponese Pony Canyon, Ichiban no Shiawase (La mia gioia più grande), una raccolta di tue composizioni originali in stile pop jazz. Puoi raccontarci del percorso che ti ha condotto a questo primo lavoro?


HI: Ricevetti un premio come miglior solista durante una delle edizioni della Yamano Big band Contest ed un agente della Pony Canyon che assistette alla mia performance, mi chiese se fossi interessata a lavorare con loro. Sin da bambina sono stata una fan del genere AOR (Adult Oriented Rock), in quel modo quindi avrei avuto la possibilità di fare quello che avevo sempre voluto.



JC: Nel 2006 e nel 2007 sei stata a New York per registrare il tuo secondo e terzo album Sara Smile e Stardust. In entrambi il tuo suono è molto diverso da quello del tuo lavoro d’esordio e possono essere sicuramente definiti dischi di “jazz autentico”. In essi è possibile ascoltare standard jazz ben riarrangiati e composizioni originali nei quali sei stata accompagnata da alcuni importanti jazzisti americani come Adam Birnbaum, Lewis Nash, Victor Lewis, George Mraz e Wayne Escoffery. Quali sono state le tue emozioni nel trovarti nella patria del jazz e poter suonare con questi musicisti straordinari? Cosa ti ha lasciato questa esperienza artistica?


HI: A dire il vero, inizialmente non volevo registrare il mio secondo disco a New York, perché all’epoca ero ancora interessata al genere AOR e alla pop music, ma ho sentito che in qualche modo avrei dovuto andarci. Ho trascorso un’esperienza meravigliosa a New York e mi sono divertita molto con questi musicisti straordinari. È così che è cresciuto il mio interesse per il jazz più autentico.



JC: Joy pubblicato nel 2008, è il tuo primo album autoprodotto per il quale hai scritto tutti gli arrangiamenti della sezione fiati che ti accompagna. Questo album è un tributo alle tue prime esperienze musicali avvenute durante il tuo apprendistato nelle big band?


HI: Joy è stato assolutamente il mio punto di svolta. Mentre mi preparavo per il disco, ho affrontato molti problemi di tipo personale e musicale. Concentrarmi sulla realizzazione di questo disco mi ha aiutato a risolvere molti di essi.



JC: Move on pubblicato nel 2010 è il tuo esordio come leader di un quintetto a tuo nome con il quale hai realizzato anche il successivo Unity nel 2011. Questi dischi si concentrano principalmente su uno stile hard bop e propongono un suono compatto, raffinata capacità compositiva e un notevole interplay tra i membri che lo compongono. Sembra che tu abbia finalmente raggiunto quella coesione ed unità che cercavi in una band. Cosa puoi dirci del tuo rapporto con questi musicisti e cosa ti hanno dato in termini musicali ed umani?


HI: Io e i membri della band abbiamo discusso molto della nostra musica, ponendoci sempre alla ricerca di nuovi approcci sonori. Prima che registrassimo il disco abbiamo fatto un sacco di concerti e siamo stati molto in tour. Da loro ho imparato cosa significhi realmente appartenere ad una band e come essere una buona leader.



JC: Le fonti dalle quali trai ispirazione per creare la tua musica sono tante: la tv come nel brano Springfield ispirato dai cartoni dei Simpsons e Outer Limits dall’omonima serie americana di fantascienza, entrambi tratti da Joy; i libri come in Yamikuro tratto da Move on ed ispirato ad un romanzo di Haruki Murakami o Doruji, da Unity, tratto da un libro dello scrittore Isaka Kotaro. Puoi dirci come nascono le tue composizioni a partire da queste forme narrative e qual è il tuo abituale punto di partenza quando scrivi musica?


HI: Scrivere un brano corrisponde ad un atto di meditazione. Leggere un libro o guardare la Tv sono anch’essi una forma di meditazione. Perciò quando voglio rilassarmi scrivo musica. È per questo che la maggior parte delle mie composizioni originali viaggiano su tempi moderati.



JC: Nonostante sia stato scritto prima dello tsunami dell’11 marzo 2011 che ha causato il successivo incidente nucleare di Fukushima, hai dedicato il brano Unity, tratto dall’omonimo disco, a tutte quelle persone che hanno perso la vita o i loro cari in quel terribile giorno per il Giappone. Quanto è cambiato il tuo paese da quel giorno e cosa stà facendo per prevenire che questo succeda ancora. Quale può essere il ruolo di un musicista in situazioni come queste?


HI: La zone interessate dallo tsunami e dal terremoto non sono ancora state ricostruite. Molte delle persone colpite da questo terribile disastro vivono ancora in alloggi temporanei e mi chiedo cosa stia facendo il nostro governo. Vivo nel timore che un altro terremoto possa arrivare, così come molti altri giapponesi. Tuttavia i terremoti e gli tsunami sono eventi naturali e non possiamo evitare che succedano. Per quel che riguarda la questione del “nucleare”, è un tema sul quale è difficile farsi un’opinione. Ci sono i pro e i contro e non potrei dire molto di più. Quello che più mi auguro invece è che tutte le persone che hanno sofferto quell’11 marzo ritornino al più presto ad una vita normale. Tutto quello che posso fare, come musicista, è suonare con tutta la mia anima.



JC: Nel 2012 hai deciso di prenderti una pausa dal tuo quintetto registrando il tuo ultimo album Precioso in duo con il pianista Koichi Sato. Com’è nata l’idea?


HI: Suoniamo insieme da circa quattro anni. Non è solo un meraviglioso pianista ma anche il mio migliore amico. Da tempo volevo registrare un album con lui e ci sono riuscita! Precioso è il mio lavoro più prezioso!



JC: Quali sono le incisioni per piano e tromba della storia del jazz che più ti piacciono?


HI: Quelle con Paolo Fresu e Uri Caine. Sebbene non appartengano ancora alla storia del jazz…



JC: Qual’è la situazione attuale in Giappone per quel che riguarda la scena jazzistica e per i giovani che studiano jazz? Esistono fondi o aiuti finanziari da parte del governo giapponese per promuovere il jazz suonato ed inciso?


HI: Ci sono molti musicisti di jazz e numerose scuole che insegnano ad esserlo, ma non esistono aiuti governativi.



JC: A febbraio sei stata protagonista di un paio di concerti in Italia. Cosa puoi raccontarci di questa tua prima volta nel nostro paese?


HI: Ho tenuto un concerto a Roma ed uno ad Andria. Sono stati i miei primi concerti all’estero. Prima che suonassi ero molto nervosa, ma il pubblico italiano si è rivelato molto gentile ed ha ascoltato con attenzione la nostra musica. Mi sono divertita molto ed è stata una bella esperienza. Per questo ringrazio sentitamente Nico Conversano, Donatello D’Attoma, Francesco Angiuli e tutti quelli che sono venuti ai miei concerti. Tornerò molto presto!



JC: Che tipi di progetti ci sono nel tuo futuro?


HI: In questo momento non sto pensando al mio prossimo lavoro. Cerco solo di suonare sempre al massimo delle mie capacità.