Jazzwerkstatt – 131 – 2012
Silke Eberhard: sax contralto
Ulrich Gumpert: pianoforte
L’articolo sul concerto di Silke Eberhard e Ulrich Gumpert a Palermo si può leggere al seguente link
Arguto e vissuto veterano della tastiera, Ulrich Gumpert è un animatore della prima ora della scena jazz dell’ex-Germania orientale, che annovera tra i sodali talenti tuttora attivi sulla scena non solo europea, tra cui lo storico partner Gunter “Baby” Sommer (certamente da raccomandare i loro recenti e notevoli duo per Intakt) o il sofisticato omologo pianistico Alexander von Schlippenbach.
Di un paio di generazioni più giovane, proveniente dall’altra metà della riunificata Germania, la fertile Silke Eberhard, sorvolando le differenziate partnership, non è nuova alle dialettiche con il pianoforte, avendo già incrociato i tasti dello strumento con possenti figure del free quali Aki Takase (con cui ha co-firmato il ponderoso Ornette Coleman Anthology) o Dave Burrell (nel sensibile e animato Darlingtonia).
La coppia, costituitasi anche per la mediazione del Meister Ulli Blobel (di quella Jazzwerkstatt che già produce Ulrich Gumpert Workshop-Band e, rispettivamente, le formazioni Potsa Lotsa e Silke Eberhard Trio, della sassofonista), si era già rodata nel quartetto B3 Special, per debuttare a Berlino appunto nel Jazzwerkstatt Café.
Prima incisone del duo, che è stato sancito da un recentissimo mini-tour di presentazione anche nel nostro paese, Peanuts & Vanities s’impone in freschezza nella sua sequenza di differenziati sketches. Ampia la strategia di progressione, scandita da una tattica intellegibile e una sintattica funzionale alla sua microfraseologia, di tono cangiante ma di disegno coerente.
La mano felice e compiuta di Gumpert lascia maggiormente trasparire l’aver fatto propria con completezza la letteratura jazz, non impropriamente aspersa di qualche luce classicista; il palese possesso della matrice pianistica permette destrutturazioni con sottigliezza e conciliazione pronta con l’esposizione tematica, sia pur breve e cangiante. Diversa responsabilità solistica per la portata di voce del conformato sax alto di Eberhard, ora più arioso e gaio, ora concentrato e teso fino alla severità, attore più esposto nel conferire grinta nei momenti d’invettiva vivida fra le due parti ed offrire vie di fuga nelle sezioni più rarefatte.
Lungo le brevi e figurative Peanuts (e il successivo blocco di Vanities, in due serialità di sei) s’avvicendano plaghe emotive pulviscolari e di dispersione aerea del raccordo melodico, solennità dolente e declamazione compunta, fino al gusto avventuroso per lo slancio in ascensione sul filo dell’invettiva, non rinunciando all’interpunzione ironica, e di richiamo suggestivo della classicità nelle brevissime, ma incisive per spirito, Salt Peanuts di Gillespie e Clark, pausa insieme di ristoro e di ricarica dinamica fino al ridar vita nell’epilogo alla risaputa tune “tematica” El Manisero – the Peanut Vendor.
Le sapide ma effimere noccioline si alternano a portate più consistenti per gli appetiti dell’ascolto, e le vanità (pur lecite) si succedono in una scia comunque di sostanza: se in prove come la presente rimane esposta la questione dell’equilibrio tra armonia delle forme ed energie nella ricerca, il variegato Peanuts & Vanities palesa più, e convincenti, punti di ispirazione e concretezza, testimonianza forte e insieme agile di un’ennesima, ma non certo pleonastica, trans-generazionale sinergia nella forma free.