Musson-Sanders-Noble – Tatterdemalion

Musson-Sanders-Noble - Tatterdemalion

Babel Label BDV 13115 – 2013




Rachel Musson: sax tenore

Mark Sanders: batteria

Liam Noble: tastiere





Si dota, e s’arricchisce, di un’ulteriore e agguerrita esponente l’altra metà del free-sax, che per una volta ci asteniamo dall’enumerare, ma la manciata di queste vibranti e motivate sassofoniste in rosa può far scendere sul campo anche l’atout di stile e la grinta di Rachel Musson che, con un orecchio alle spigolosità getziane e tutto il resto alle geometrie più sghembe, ha dichiarato i propri intenti non solo nella scelta di partner in un arco che tocca, tra gli altri, Mary Halvorson o Alcyona Mick.


Non proprio un debutto per il guizzante pianista Liam Noble, ancor meno una novità di formula, avendo tra l’altro militato in due avventure del trio Sleepthief, insieme alla titolata e iperattiva Ingrid Laubrock e il veterano, e di questa consorte, Tom Rainey: tutt’ora in espansione la sua visuale di gioco, le varie sponde dei flussi di formazione sono almeno in parte esemplificate dai nomi accompagnati nel tempo, spazianti da John Taylor a Lol Coxhill, oltre l’attivo, successivo training entro band quali Bobby Wellins quartet o Julian Siegel Group.


Orientamento di stile ben nitido per il giovane batterista Mark Sanders, a tutt’oggi coinvolto in oltre un centinaio di registrazioni, che ha condiviso stile e vedute con talenti non di passaggio delle forme avanzate quali Evan Parker, Barry Guy, Peter Brotzmann o Ken Wandermark, proseguendo nella pratica della dissezione meccanica del proprio strumento.


L’esasperazione dell’acusticità ancora una volta avvicina a certe crudezze da spregiudicata elettronica live, vedasi il teso e stratificato sviluppo dell’iniziale, notevole per impatti e granitici spessori, dell’iniziale May be a silken thread, e nella progressione dell’album le tensioni piuttosto ignare del concetto, mercantile ed acustico, dello sconto determinano un pregiudizio ed una eco cognitivo-estetica nell’approcciare gli episodi apparentemente “distesi” (The Blue Man, The Blanket feels woolen) ma non per questo alieni da effettistica e un generale stato “thriller” fino alla conclusiva, distillata e in crescendo “nebulosa” You wear your clothes and move, che del free modula tatticamente le forze brute non rinunciando alle capacità di sfida più sottili.


Il respiro di forza animalesca di Musson, piuttosto convincente per concentrazione e impeti, gli eccessi del piano, preparato e non – e derivata effettistica – di Noble, i clangori fitti e senza levigatezze di tamburi e piatti di Sanders, mercé le aggravanti generiche di una trascuratezza deliberata per spazi vuoti e silenti e di una ripresa acustica materica e non compiacente, pongono sul piedistallo dell’attenzione questo agitante trio made in Britain, collocati con adeguata cornice entro il variegato campionario avant-culturale, lucido, e non prodigo di belletti o complimenti, del mondo Babel Label.