EmArcy Universal – 0602537271368 – 2013
Serena Fortebraccio:voce
Mirko Signorile: pianoforte
Giorgio Vendola: contrabbasso
Pippo D’Ambrosio: batteria
Roberto Ottaviano: sax soprano, clarinetto basso
Davide Viterbo: violoncello
Il sottotitolo scelto per il disco – playing on Bjork’s heartbeat – rivela quale sarà la strada scelta da Serena Fortebraccio in questo lavoro. In a shape of a girl mette in scena un racconto musicale realizzato attraverso le composizioni e le atmosfere disegnate dalla musicista islandese: racconto musicale che si avvantaggia di soluzioni provenienti dall’ascolto e dalle soluzioni sonore presenti nel vocabolario sonoro dispiegato nei vari dischi, capace di unire suggestioni estremamente diverse tra loro, elettroniche, acustiche, ancestrali, propositive, futuribili. Serena Fortebraccio riprende il repertorio in quartetto, principalmente, con una ritmica collaudata da numerose collaborazioni e attenta a mettere in evidenza le proprie capacità e peculiarità al servizio delle canzoni ma anche attraverso di esse, al servizio della voce e attraverso il dialogo con essa. Signorile, Vendola e D’Ambrosio portano le proprie ricerche personali all’interno di una formazione che amplia le sue potenzialità e diventa maggiore della somma dei suoi addendi. L’intervento di due ospiti come Roberto Ottaviano al soprano e al clarinetto basso e di Davide Viterbo al violoncello crea ulteriori tensioni espressive e chiavi di lettura dei brani.
Come tratteggia Valerio Corzani nelle note di copertina, Bjork mette in risalto una miscela di “isolamento” e apertura, identità forte e voglia di stabilire la propria identità poetica. Il riflesso di questo aspetto nelle interpretazioni di Serena Fortebraccio si rivela in un aspetto mediterraneo, sia in senso geografico che traslato: gli interventi rivolti a riposizionare stilisticamente le canzoni sono compiuti sfruttando le varie anime presenti nella musica originale e nella formazione. Una ritmica abituata al jazz si applica al drum’n’bass e ne mette in risalto la “derivazione” dallo swing, la vocazione di Pippo Ark D’Ambrosio nell’utilizzo delle percussioni si ritrova come chiave aggiuntiva al risultato complessivo. L’attitudine di Serena Fortebraccio a cantare insieme ad altri interpreti – è, infatti, una delle quattro componenti di Faraualla – le permette di compiere un’operazione particolare, la più efficace possibile, forse, nel porgere la voce: in una sorta di duetto virtuale con Bjork, tiene conto dell’interpretazione originale per proporre la propria versione. E si capisce subito, dalle prime note, dall’intenzione di entrare nel merito senza preamboli di sorta, con la voce che si presenta immediatamente nel disco accompagnata in una versione spoglia e ruvida di An Echo, a Stain con la batteria in evidenza. Il dialogo a distanza con Bjork e le atmosfere dei suoi brani si rivela anche in un utilizzo della manipolazione sonora, leggero e sempre mirato, che scorre lungo tutto il filo del disco e nella ricerca dei colori e degli effetti di “coreografici” della voce.
Un modo di cantare diretto, sempre focalizzato al centro della melodia e, per questo, mai ridondante o sopra le righe. Serena Fortebraccio si misura anche con un paio di testi in islandese – Vokuro e Visur Vatnsenda Rosu – e sceglie di escludere dal repertorio tracce più celebri come Human Behaviour, Bachelorette, e altri. In a shape of a girl diventa così un disco compatto pur nelle diverse scelte ritmiche e di atmosfera che ne compongono lo sviluppo. Le esperienze dei musicisti del disco si confrontano con un’idea precisa e apportano un valore aggiunto, non presente negli originali ma attento a combinarsi con quanto questi propongono. è il discorso che si faceva già in precedenza per la voce: il mondo musicale di Bjork si pone come specchio per un confronto aperto e utile per disporre elementi liberi – la parte centrale di Oceania – oppure per affiancare le concezioni ritmiche e il vocabolario sonoro proveniente dalle diverse esperienze, il rapporto con la forma canzone e il trasporto interpretativo. Quest’ultimo, soprattutto, è un aspetto in cui il gruppo entra con grande empatia tra i vari componenti e con il materiale e attraverso il quale rilancia di continuo i brani e gli assolo.
Le canzoni di Bjork sono ormai – alla pari dei brani dei Radiohead, per rimanere negli anni ’90 e nei primi del nuovo secolo – entrati a far parte del novero dei materiali di riferimento per i jazzisti, seguendo la pratica che sin dagli anni della swing era ha portato nei repertori temi di Broadway e della grande canzone americana dell’epoca. Bjork e Radiohead si pongono come riferimenti efficaci di un periodo, come quello attuale, caratterizzato dalla possibilità di attingere a materiali diversi, di poterli lavorare in maniera trasversale e di poterli manipolare secondo tecnologie e intenzioni personali per scavalcare steccati rigidi. Serena Fortebraccio riprende questo materiale per proseguire secondo le sue intenzioni particolari questa espansione: un testimone espressivo, raccolto e dalla cantante islandese e dalla lunga abitudine dei jazzisti di rielaborare materiali di provenienza altra.