Foto: da internet
Il trittico americano di Roberto Magris.
«Un paio di anni fa, il sindaco di Kansas City (appassionato di jazz) mi ha inaspettatamente conferito la cittadinanza onoraria. Per cui adesso, nonostante sia nato e risieda da sempre a Trieste, devo regolarmi, anche musicalmente, di conseguenza… e questi mie ultimi tre Cd, infatti, testimoniano il mio “lato Kansas City”». A parlare è il jazzman Roberto Magris, dunque triestino per nascita, per cultura, quasi per vocazione e quindi da sempre proteso a un’apertura cosmopolita a livello musicale; il pianista cinquantaquattrenne offre infatti un sound volto a rivalutare la tradizione afroamericana neomoderna, con tre nuovi cd per la JMood Records di Kansas City: Cannonball Gun’n Friends, Read For Reed, One Night In Hope And More Volume 2.
«Paul Collins, il produttore della JMood – racconta ancora Magris – è in realtà un manager di Kansas City che ha deciso alcuni anni fa di aprire questa etichetta indipendente, sempre con base a Kansas City (una delle capitali del jazz, patria di Charlie Parker), per “mettere su disco”, di anno in anno, i suoi progetti e le sue band migliori. Io ho avuto una certa parte in questa sua “idea collaterale” in quanto a partire dal 2006 mi ha invitato a far parte di diversi di essi. Devo dire che lui – figlio di uno dei pianisti storici di Kansas City assieme a Jay McShann – è rimasto, fin dal primo momento in cui ci siamo incontrati, particolarmente colpito, per non dire affascinato, dal mio modo di interpretare e reinterpretare la tradizione del jazz, vista “da fuori” con gli occhi di un musicista jazz europeo che non ha studiato alla Berklee School, ma ha “praticato” sul campo… e in un campo diverso da quello americano.»
E Magris da allora a oggi non delude, anzi questi tre nuovi dischi sono autentiche sorprese che lasceranno probabilmente assai soddisfatto lo stesso Collins, come sembra intuire lo stesso Magris: «Paul ha poi “avuto conferma” delle sue impressioni affiancandomi negli anni a musicisti come Art Davis, Idris Muhammad, Albert Tootie Heath, Sam Reed, che hanno tutti apprezzato e avuto parole lusinghiere per la mia insolita e inaspettata “leadership”, un pianista jazz europeo che si ritrova a fare il bandleader di questi musicisti negli USA… Per cui, diciamo che gradualmente mi “sono affermato” come direttore musicale di questa etichetta jazz statunitense. Questi grandi maestri mi hanno fatto respirare, suonandoci assieme, l’essenza di alcuni momenti “chiave” della storia del jazz».
L?elenco dei grandi del jazz con i quali Magris suona in un passato recentissimo è assai lungo e vale quindi la pena ricordarli attraverso la sua voce, quando rammenta via via le collaborazioni: «Con Art Davis il mondo di Coltrane ma anche di Billy Strayhorn (con il quale Art, anzi Dr. Art aveva suonato), Idris Muhammad il mondo di Ahmad Jamal, Randy Weston e di un certo jazz degli anni ’70, Albert Tootie Heath quello dell’hard bop (I fratelli Heath, Lee Morgan) raccontandomi anche un sacco di divertenti storie su Coltrane, Miles Davis, Dexter Gordon e Sam Reed mi ha fatto calare nel mondo originario del jazz di Philadelphia, “Philly Sound”, con l’organo Hammond e del “groove jazz “ante litteram”».
Ma oltre questi mostri sacri del jazz, Magris riesce pure a scoprire nuovi talenti americani e ad affiancarsi spesso a loro come nei tre dischi recenti: «Devo sottolineare che la JMood mi ha offerto anche la possibilità di confrontarmi con numerosi giovani musicisti emergenti della scena jazz statunitense di oggi come il sassofonista Logan Richardson (già conosciuto anche in Italia), il trombettista Brandon Lee (oggi con Christian McBride), il batterista Brian Steever (oggi con Jason Moran), i contrabbassisti Elisa Pruett (con il trio di Kenny Barron) e Dominique Sanders (già in tour con Santana) e con il batterista Alonzo Scooter Powell (famoso strumentista negli studios di Los Angeles, già con Sting e Norman Brown) e numerosi altri… Il prossimo autunno mi aspetta una session discografica assieme al trombettista Marquis Hill, emergente della scena di Chicago».
E da tutte queste esperienze nascono appunto i tre nuovissimi album: Comincia il Roberto Magris Quintet – composto da Hermon Mehari, Jim Mair, Dominique Sanders, Alonzo Scooter Powell – che in Cannonball Gun’n Friends omaggia in otto brani (sei cover e due original) l’intera parabola artistica del grande altista Julian Cannonball Adderley dall’hard bop alla bossa nova fino a un rock-jazz singolarissimo. Prosegue Read For Reed dove Magris condivide la partnership con il veterano Sam Red (sax alto) e altri cinque statunitensi a confermare un estro boppeggiante (Quasimodo di Charlie Parker), con calde tinte soul (Stopstar di Lee Morgan o Jungle Stut di Gene Ammons). E termina con One Night In Hope And More Volume 2 il Roberto Magris Trio assieme Elisa Pruett, Brian Steever o l’anziano maestro Tootie Heath (in metà brani) che premia un’adesione encomiabile alla black music che nel rifare le poco note ma stupefacenti Third World di Herbie Nichols, Little Susan di Randy Weston o Fiasca di Ken McIntire, ha dell’encomiabile.
«Insomma – come sostiene lo stesso protagonista – una “full immersion” nel jazz di ieri e di oggi che mi ha arricchito molto sia umanamente che come musicista e che mi fa sentire pienamente parte attiva di questa nostra musica jazz, al di là degli stili e della provenienza. Anzi..»