Massimo Barbiero – Sisifo

Massimo Barbiero - Sisifo

Splasc(H) Records – 2013




Massimo Barbiero: batteria, bodhram, gong, comet bell, wavedrums, percussioni





Massimo Barbiero torna ad incidere in solitudine a due anni di distanza da Keres, dopo la prima prova del 2009 con Nausicaa. Il titolo del cd si rifà alla mitologia greca, un costante riferimento nella poetica del compositore eporediese. In effetti, il percussionista si muove come un esperto artista archeologo scavando nella sua sensibilità, nelle sue passioni, per confezionare un disco profondo, rigoroso, dove si incontrano suoni arcaici e altri mutuati dalla predilezione per il jazz di ricerca con le radici ben saldate con la madre Africa. Il compositore utilizza la sua batteria e un certo numero di altri strumenti, come il comet bell, una sorta di campanello giocattolo, il bodhram, tamburello irlandese e il wavedrum, una percussione elettronica che gli serve per creare un contrasto, un’alterazione dei climi naturali, non artefatti, costruiti con il suo armamentario per il resto ecologicamente e acusticamente garantiti. Nel disco prevale decisamente l’attenzione per l’elemento timbrico all’interno di un discorso piuttosto lineare, non molto elaborato, volutamente non rifinito, allo stato grezzo, in fin dei conti. Massimo Barbiero esplora il suono dei suoi aggeggi con un atteggiamento da primitivo di ritorno, da neo-naif. Quando individua un ritmo lo espone, lo ripete, lo abbellisce o lo semplifica, fino a riportarlo indietro al punto di partenza, a dove lo ha scovato inizialmente. Spesso si ferma a sentire vibrare il suono prolungato di una campana, di un gong, di un piatto sospeso. Il sustain è una sua inclinazione stilistica. La musica che si ascolta nel disco viaggia da atmosfere etno-folk di derivazione africana o asiatica a panorami più vicini ad un jazz non pervaso di swing, ma apparentabile alla great black music della scuola di Chicago, Art ensemble in testa. È pur vero che, come diceva Sun Ra, come tra i marines tutti devono essere fucilieri, così nella sua orchestra tutti sono obbligati a conoscere le percussioni. È un cerchio che si apre e si chiude. L’Africa-Chicago e Ivrea, in questo caso a far da specchio riflettente, ma anche deformante, in senso positivo, ovviamente. Il leader di Odwalla, infatti, ci mette del suo. Questa musica ha il suo tratto caratteristico e distintivo.


Questo album è inferiore o superiore ai precedenti in solo? Non è questa la prospettiva da cui muovere. È, più semplicemente, la registrazione di una tappa del suo percorso in salita verso la montagna, come Sisifo, con a rimorchio il peso della creatività. Non è, poi, fondamentale se il tragitto deve essere ripetuto indefinitamente. L’importante è arrivare ogni volta in cima.


L’ultimo brano si intitola Erinni. Come in un vecchio film degli anni settanta, Cuore di mamma di Salvatore Samperi, alla fine della pellicola, in questo caso del disco, si immagina che compaia la parola “Continua”, anziché “Fine”. Il cammino di Massimo Barbiero, alla ricerca sempre attiva di nuove gesta artistiche nelle più varie direzioni prosegue incessantemente…