Blue Serge – BLS 042 – 2012
Elisabetta Antonini voce
Marcella Carboni arpa
Promesse baroccheggianti in apertura, ma scevre da cristallizzazioni e subito “tradite” dalla ben più ardita ariosità d’impianto di Choro Pro Zé, e incantatorie seduzioni pop di Circe, affrontata con maliosa tempra, pongono in scena l’assortimento d’identità del duo: vocalist sperimentata nel “giocare con la voce” Elisabetta Antonini, strumentista “graziata” dal valore aggiunto della presa di rischio del cimentarsi con l’inusuale strumento a tutte corde Marcella Carboni, e/ma a dispetto del titolo che preannuncia sfumature, trasparenze e leggerezza, l’album non difetta anche di cimenti e incisività.
Se il termine Nuance è anche sentore di mutevolezza, caratteristica portante del progetto, è pur vero che il duo affronta sonorità diverse e, di queste, innovative miscele con tenacia e convinzione.
Imprinting riconoscibile e mimesi piuttosto sconcertante entro la più tipica musicalità Oregon, di cui poetica e volumi vengono calibratamente còlti e traslati in un rifacimento senza soggezioni o gratuità della towneriana From a Dream, né impallidiscono gli esiti definiti e la cadenza ondulante di Tutu (Resurrection Blues), amplificata in sensibilità e visionarietà da elettrificate uscite in libertà che pacificano le istanze del duo anche con la più suggestiva ed estraniante psichedelia pop.
Riconquistando il volo in sicurezza in Summer Samba, attraversate le lievi piogge di cristallo lungo cui sublima e assottiglia il corpo un classico quale Lazy Afternoon, planando sul colore e sul calore di quella bossa nova che anche con Luiza e appunto Choro Pro Zé viene rivissuta e infusa di suoi “diversi” spirito e corpo lirico, si ultima la parabola fra le ben intessute penombre, a firma di Kenny Wheeler e Norma Winstone, di Sea Lady, magari meno fastosa rispetto all’originale, ma caratterizzata da delicatezza ed eleganza dispensate con orecchio e tocco pertinenti.
Voce e arpa, se ideale dualità nel richiamo alla danza latina, sono connubio inconsueto nel jazz, essendo la loro suadente miscela ancestralmente associata alla leggiadria e allo svincolo dalla gravità, attribuibili alle valenze femminili, ritrovati nella voce di Antonini e incarnati con dinamica grazia dall’arpa di Carboni; nondimeno, erompe nelle trame la Musica come culto misterico ed iniziatico, in cui l’andamento da basso e la pirotecnica maestria dell’arpa di Marcella Carboni, tanto rievocano citaredi mai ascoltati ma solo immaginati, dalle cui soffuse e sfuggevoli note la voce sirenica, ipnotica di Elisabetta Antonini, prende via via le sembianze di un soffio melodico e a-melodico, piacevolmente incostante e non catturabile, come la magia.