Andrea Manzoni – Quantum Discord

Andrea Manzoni è un pianista interessante, raffinato, elegante, dal tocco semplice, diretto e percussivo. Una conferma di queste sue qualità arriva direttamente dai cinque brani denominati Variazioni, preceduti dal preludio minimalista di Nightmoth variation, e contenuti in Quantum Discord, primo disco da leader. Sono pezzi scritti di suo pugno e rispecchiano a pieno la sensibilità di questo pianista che si concede spesso ad altre “musiche”, ma ha il jazz e la melodia nel sangue. Proprio i cinque episodi delle variazioni possono essere presi ad esempio come un pianismo che spazia dal free jazz al contemporaneo, travalicando i tenui confini che Keith Jarrett ha abbattuto con il suo Koln Concert. Nell’ascoltare il disco ci s’imbatte in qualcosa di sacrale, laico, come in Lorem ipsum, che sembra una preghiera salvifica, catartica, che condiziona una musica eseguita con perfetto equilibrio e pathos. Black Church è la coda di quest’ultimo, un pezzo ritmato, con la batteria in primo piano e il pianoforte afro che risponde. Sanctorum è una discesa a perdifiato, un inseguimento tra vicoli ciechi, un perdersi tra l’incalzare di note seriali, scariche di batteria e aggressività da rock progressivo. Postludium chiude in quiete un disco che si apre a folle velocità, con ritmi dispari e colpi di batteria di chiara reminiscenza rock, attraverso brani come 32 Days e Synaptic Disconnection. E poi, senza che te lo aspetti, ti compare una versione in forma di ballad ultra moderna della monkiana Round About Midnight. È solo una pausa prima di tornare ai ritmi precedenti con la folle corsa di Last trip. È un’analisi corsara di Quantum Discord, un appropriarsi di sensazioni non lineari, così com’è nella logica interna di questo disco che ha dei tratti coraggiosi, un pianista che ha un suono definito, una sezione ritmica poliforme, e una melodia che lo rende accattivante e piacevole all’ascolto.