Slideshow. Lorenzo Fornasari.

Foto: da internet










Slideshow. Lorenzo Fornasari.


Jazz Convention: Così, a bruciapelo chi è o cos’è Berserk!?
Lorenzo Fornasari: Berserk! è un mostro a due teste, la mia e quella di Lorenzo Feliciati. Abbiamo entrambi fatto uscire diversi dischi con Rarenoise Records, la stima reciproca ci ha fatti conoscere, un’ottima sintonia musicale ci ha portati a scrivere il primo Berserk! con grande naturalezza ed entusiasmo. Attorno a noi un collettivo di musicisti spettacolari, amici di vecchia data o nuovi che hanno perfettamente saputo interpretare e valorizzare il nostro disegno iniziale. Pat Mastelotto, Simone Cavina e Cristiano Calcagnile si sono avvicendati alla batteria, Gianluca Petrella al trombone ed effetti, Eivind Aarset alle chitarre, Jamie Saft e Fabrizio Puglisi al pianoforte e alle tastiere, Sandro Satta al sax.



JC: Parlaci allora di questo disco omonimo…


LF: Abbiamo deciso da subito di non imporre dei limiti e dei paletti di ambiti musicali, ma di scrivere in totale libertà seguendo semplicemente alcune linee base a livello concettuale. Ci interessava la dark side del jazz, colori scuri alla Lynch con ampi squarci di luce a creare tagli nella tela. Ne è uscito un disco molto cinematografico, un blend tra jazz, rock psichedelico e ambient, di cui siamo tutti molto orgogliosi.



JC: Facciamo un passo indietro: chi è invece Lorenzo Fornasari?


LF: Un bravo artigiano sonoro. Non mi ritengo un intellettuale né un artista, soprattutto in un tempo (e in un paese!) in cui chiunque è intellettuale e chiunque fa arte. Mi interessa la qualità in modo ossessivo, non sono disposto ad accettare compromessi in questo senso. Abbassare la qualità delle mie produzioni per mancanza di fondi è per me qualcosa d’inconcepibile, piuttosto non mi pago io. Piuttosto non se ne fa nulla. Forse per questo motivo lavoro molto di più all’estero che in Italia…



JC: Mi racconti ora il primo ricordo che hai della musica?


LF: Mio nonno fischiettava melodie tutto il giorno, non a caso tendo ad inserire il fischio come suono nei miei progetti quando posso… Anche se oggi il fischio in musica sembra essere copyright del (grande) Morricone. Non solo sui dischi, se giri per strada e fischietti una melodia a caso tutti pensano a Morricone… E a seguire i primi esperimenti di lingua inventata, quando alle elementari ho “trascritto” il cantato giapponese di un cartone animato (Ken il guerriero, per la precisione) imitando suoni, vocali, sillabe che per me erano molto affascinanti. Poi mi registravo sovraincidendo con due mangia-cassette: musica con una tastierina Casio a un’ottava e mie voci varie ed eventuali.



JC: Quali sono i motivi che ti hanno spinto a diventare un musicista?


LF: Giovanni Lindo Ferretti più di dieci anni fa in un momento di crisi in cui tutto mi sembrava sbagliato, faticoso, in salita, mi disse una frase che in seguito mi son ritrovato a ricordare a mo’ di mantra. In sintesi: “Tu questo sai fare, e questo devi fare. Non potrebbe essere altrimenti. Riusciresti mai a immaginare la tua vita lontana dalle complicazioni e dalle soddisfazioni che la musica ti porta?”. Non saprei aggiungere altro.



JC: E in particolare come ti definiresti? compositore, performer, jazzman, improvvisatore o altro ancora?


LF: Come ti ho detto, non mi interessa definire quel che faccio, bado soltanto a Fare e a fare bene. In diversi progetti utilizzo soprattutto la voce (vedi Obake, o i dischi con Bernocchi e Laswell) ma da sempre e sempre più spesso lavoro anche come compositore e produttore. Nell’ultimo disco di Obake canto, suono il piano e co-produco con Bernocchi; in Berserk! canto, sono autore insieme a Feliciati delle musiche e produttore; così anche per SAGA, altro disco in uscita questo Aprile per la Sony: un progetto folle di Ferretti, un’opera Barbara con quattordici cavalli in scena, suo il libretto mie le musiche e la produzione. E scrivere musiche per un’opera è tanto affascinante quanto complicato, specie se la produzione unisce rock, punk, trip hop, jazz e classica… e specie se devi scrivere spartiti per un’orchestra di venti elementi…



JC: E lo stile della tua musica? noise? nu jazz? techno? fusion? o altro?


LF: Mi è capitato di vincere un premio cantando Verdi e Bellini e partire cinque giorni dopo per un tour avant-jazz-metal psicopatico con Trevor Dunn al basso. Quando ascolto musica non riesco a sentire la stessa roba a ripetizione, mi annoia, non lo trovo stimolante. Ho bisogno di cambiare, di passare da un genere all’altro. Allora perché dovrei limitarmi a produrre musica in un unico ambito sonoro?



JC: Ma cos’è per te la musica?


LF: Ciò che mi riempie e ciò che mi svuota. In tutti i sensi.



JC: Quali sono le idee, i concetti o i sentimenti che associ alla musica?


LF: Troppo complicato, e in genere mi soffermo poco a ragionarci



JC: Tra i dischi che hai fatto ce ne è uno a cui sei particolarmente affezionato?


LF: Difficile trovarne uno. Sen Soy Trumás dei Transgender (con Luca Cavina e Paolo Mongardi degli Zeus) ha rappresentato l’inizio del percorso; Ashes con Bernocchi Laswell e Raiz ha rappresentato il primo di una lunga serie di lavori / inizio di una fraterna amicizia con Bernocchi. Saga, per la complessità e ricchezza del lavoro. E Berserk! di cui sono molto mooooolto orgoglioso, sicuramente una delle mie priorità lavorative anche in previsione futura.



JC: E tra i dischi che hai ascoltato quale porteresti sull’isola deserta?


LF: La cassetta di favole bolognesi raccontata in dialetto da mio nonno.



JC: Quali sono stati i tuoi maestri nella musica, nella cultura, nella vita?


LF: In musica, idealmente, Bernard Herrmann, Demetrio Stratos e i Motorpsycho; fisicamente e materialmente, pochi e poco rilevanti rispetto al caparbio percorso personale. Nella vita diversi stimoli, scappellotti, consigli, provenienti per lo più dalle persone che fan parte della mia quotidianità.



JC: Qual è per te il momento più bello della tua carriera di musicista?


LF: Quello che verrà…



JC: Quali sono i musicisti con cui ami collaborare?


LF: Quelli con i quali attualmente collaboro. Bernocchi, Feliciati, Mastelotto, Petrella, Aarset, Puglisi, Saft, Ferretti, Laswell… in gran parte tutti musicisti legati in qualche modo alla “family” Rarenoise Records.



JC: Come vedi la situazione della musica in Italia?


LF: Un aneddoto. Catena infinita di telefonate con il manager di un noto musicista italiano al quale era stata affidata la gestione del budget relativo a una produzione, e al quale ovviamente stava a cuore non il livello qualitativo del prodotto finale ma il fatto di mettersi in tasca più soldi. Notare che per risparmiare avevo già messo in campo tante collaborazioni di amici a titolo gratuito nonché il mio lavoro a ricoprire dalla composizione alla produzione, dall’esecuzione alla registrazione, portando l’intera operazione attorno ad un grosso progetto a costare quanto una produzione amatoriale…



JC: In sintesi?


LF: “Lef, sei troppo abituato a lavorare all’estero, sei troppo perfezionista, troppo preciso. Qua in Italia si privilegia un lavoro di bassa qualità, fatto a cazzo di cane purché a risparmio, purché ci sia da mettere soldi in tasca”. Tutto condito con mal celate minacce.



JC: Dunque per te l’Italia va male musicalmente?


LF: Sì, perché è in mano a gente del genere e, in sintesi, chi da sempre (e son sempre gli stessi) gestisce spazi e soldi, con qualche rara eccezione, è in tutto e per tutto simile rispetto a chi ha governato l’Italia negli ultimi 20 anni. Esistono poche realtà sane che faticano a sopravvivere e che andrebbero supportate; nel mio piccolo lo faccio, ma al momento fare musica fuori da questo paese è per me l’unica via percorribile oltre che stimolante.



JC: Cosa stai progettando ora a livello musicale per l’immediato futuro?


LF: Quattro dischi in uscita quest’anno. Saga, Berserk!, e poi Obake prima con un disco del live con Trevor Dunn e poi il nuovo studio album.