Foto: Flavio Caprera
Il Ritmo di Chick.
Milano, Orto Botanico – 22.7.2013
Chick Corea: pianoforte
Lunedì 22 luglio, ore 21: siamo nell’Orto Botanico di Milano nel cuore del quartiere di Città Studi. Uno spazio verde che da lustro a una città che ne dovrebbe avere molti di più. Lo scenario è incantevole con il palco incastonato nella vegetazione e come unica quinta la maestà di alberi che si tingono di luci riflesse dal bagliore del palco.
In questo luogo concesso con ammirevole disponibilità dal Politecnico si sono consumati negli ultimi anni concerti di jazz di alto livello sotto l’egida de Il Ritmo della Città. Questa sera tocca a Chick, Corea. È l’ultimo happening nell’Orto per il 2013, e il più importante, senza nulla togliere a chi è venuto prima: il John Taylor Quintet, Jan Lundgren e Jukka Perko. Corea è da solo, lui e il pianoforte. Stasera suona senza rete, solo improvvisazione e come unico sfidante, quando c’è, lo spartito. Il pubblico è tanto, accorso in massa come non era mai successo negli ultimi concerti, anche con Mehldau lo scorso anno. Corea è un mito per tanti, un maestro per chi vive e si nutre di jazz. 21,37 comincia il concerto con una lunga suite improvvisata. Mano destra e sinistra si rincorrono nel creare melodie e timbri. È un’escalation d’invenzioni, di micro riferimenti, di accenni che spaccano il tempo, di bulbi di note e magma che fuoriesce dalla sua vulcanica creatività. Il titolo del concerto è Piano Improvisations e ricorda quei suoi due dischi capolavoro registrati nel 1971 per l’etichetta tedesca ECM. Anzi di più, in questa suite, crediamo, c’è molto di quei due dischi.
Dopo venti minuti abbondanti di musica, Armando’s Rumba interrompe il flusso continuo di note e inaugura un ciclo di standard che passa attraverso la scanzonata How Long Has This Been Going On?, la favolistica e ludica Someday My Prince Will Come, e due versioni strepitose delle monkiane Ask Me Now e Trinkle, Tinkle. Un blues tirato apre l’ipotetica seconda parte del concerto che scivola via tra improvvisazioni, costruzioni di brani dall’esito mai scontato dove al centro c’è sempre la melodia e la cantabilità, caratteristiche che distinguono la musica di Corea. Verso la parte finale impugna lo spartito e delizia il pubblico con una serie di pezzi tratti dal suo disco del 1983 intitolato Children’s Songs. È una delizia ascoltare dal vivo la replica di brani registrati anni addietro secondo un criterio cameristico, di assoluta perfezione tecnica e sonora.
Corea è ancora li, sul palco, in continua tenzone con il pianoforte e la creatività. Il pubblico attento segue ogni gesto delle sue mani e lui lo gratifica con un ultimo gioco musicale, interattivo, spronando gli astanti al canto mentre li guida con le mani e le note. Due ore di grande musica creata e suonata da un musicista dal talento inossidabile che trasmette con passione la musica della sua vita.