Human – Being Human

Chi è Steve Davis? È un batterista e compositore scozzese devoto dell’avanguardia e protagonista, in crescita, della scena free jazz inglese. Già conosciuto per la sua militanza con i musicisti Matthew Bourne e Dave Kane nei dischi Lost Something, del 2008, e Moment to Moment, del 2009, e per le collaborazioni con Marc Ribot, Evan Parker e Django Bates. Human lo vede a capo di un quartetto “insolito”, senza contrabbasso, in cui si affianca il fratello di Django, Dylan Bates al violino, Alex Bonney alla tromba e il promettente Alexander Hawkins al pianoforte. I sei brani che compongono il disco sono scritti di suo pugno tranne Being Human e I am a planet che sono firmati collettivamente.


Davis guida le danze in un contesto dove domina assoluta la libertà espressiva, ancora più svincolata dalla mancanza di una guida quale poteva essere il contrabbasso. La musica è profonda, costruita su solide pareti. A tratti le folate del violino seminano scompiglio alterando la melodia, Frozen Goat. In altre circostanze intessono un dialogo stridente e accalorato con la tromba. Il pianoforte di Hawkins, dallo stile pervicace, afro, che ricorda Cecil Taylor, ma più essenziale nelle soluzioni, inventa tranci di note, materializza corpi sonori (Being Human) che sembrano tirati fuori da un cilindro magico, oppure generati spontaneamente. È il free ma non quello classico. Qui si suona nel presente (Little Particles) con un occhio nel futuro. Il jazz acquisisce nuovi temi (I am a planet), cerca improbe frontiere, si alimenta con cibo coltivato in altri terreni e subisce attivamente le spinte, le influenze e gli stimoli appartenenti ad altre realtà (Cartagena). Being Human è un disco ossimoro: semplice e complicato. Lo si deve affrontare con libertà mentale e uditiva.


In circa mezz’ora Davis cucina tanta roba, di qualità e di sostanza, ma che richiede del tempo per essere digerita e metabolizzata (Vinilla Life).