Babel Label – BDV13117 – 2013
Andy Champion: contrabbasso
Graeme Wilson: sax tenore, sax baritono
Paul Edis: tastiere
Mark Williams: chitarra
Adrian Tilbrook: batteria
Jazz, rock progressivo e umori britannici: in sintesi è la musica suonata dagli ACV, formazione guidata dal contrabbassista e compositore di Newcastle Andy Champion, una delle figure più in vista della scena improvvisata britannica. Non è da meno il sassofonista Graeme Wilson che vanta collaborazioni importanti con nomi dell’avanguardia che vanno da Fred Frith a George Lewis; il chitarrista Mark Williams, le cui sonorità sono molto richieste da chi fa avanguardia e progressive; l’interessante tastierista Paul Edis e il batterista Adrian Tilbrook, un musicista di esperienza, blues/jazz per estrazione, che ha suonato con grandi jazzisti americani e che contribuisce, con equilibrio, a tenere i piedi degli ACV nella tradizione. Busk è il loro secondo disco e segue Fail in Wood pubblicato nel 2010 e significativo preludio per capire la musica suonata in questo lavoro.
Champion è il cuore pulsante di Busk e l’autore di sette degli otto brani che compongono il disco. Un mentore che attraverso il suo vigoroso contrabbasso gestisce il suono del gruppo, a volte in penombra e in altre con palese presenza e forza. È il brano d’apertura Nutmeg State a dispiegare e far comprendere il mondo degli ACV. Un efficace e pizzicato solo di chitarra, ripreso dalle tastiere, mette in scena uno schema di progressive rock, un tracciato di note subito interrotto dal suono del sax che riporta la musica negli argini jazz. L’aggressività rabbiosa del progressive prosegue con Degree Absolute, dove tastiere rauche e chitarra s’inseguono al ritmo martellante di una batteria indemoniata. She Said It Ugly è l’unico brano non scritto da Champion. È un pezzo jazz, misto funk, che si apre con un ostinato di pianoforte ripreso poi dalla cavata profonda del contrabbasso e cantato dal tenore del bravo Wilson, titolare del brano. Nel mezzo, ancora Edis al pianoforte con un assolo profondo e bluesy. Una chitarra lontana, dagli effetti spaziali, e un contrabbasso cardiaco aprono Second Season, una ballad che galleggia tra soluzioni free e caldi assolo di sax. La sintesi tra elettrico e acustico funziona, la melodia non ne risente e l’atmosfera crepuscolare ne guadagna in significato. Giant Mice è il pezzo più folgorato del disco, in pieno stile progressive, con Edis che gioca con la tastiera elettrica e prepara l’ingresso a valanga di basso e batteria. Il ritmo forsennato della ritmica s’incrocia con la chitarra acida di Williams e il baritono graffiante, ruvido, dirty funky, di Wilson. È un pezzo incredibile, giusto contraltare di Nutmeg State, seconda anima di Busk. Never Ever riporta i ritmi a un battito più lineare, tranquillo. È una ballad condotta dal pianoforte attraverso suggestioni mainstream e toni nord europei che nel frammezzo sono riscaldati dalla voce calda del tenore. What’s For Breakfast nasce sotto il segno della dissonanza, della ruvidità e aggressività. Il baritono ha le unghie affilate, si arrampica su un muro spigoloso di suoni prodotti da tastiera e chitarra, un profluvio di adrenalina e rabbia sintetica. Busk si chiude con un pregevole assolo al contrabbasso del leader (Dust Red), una firma per autenticare un disco di ottima fattura, la conferma di un gruppo che cresce progetto dopo progetto, che ha un suono d’insieme compatto ed efficace e che riesce a mettere in pratica con profitto le idee innovative del suo leader.