JAZU: Jazz from Japan. Intervista. TRISPACE

Foto: Kenzi Watanabe










Intervista a TRISPACE


Recensione a Aria

I TRISPACE sono un piano trio di concezione moderna e approccio mutevole pur esprimendosi attraverso una dimensione unicamente acustica. Il pianista Yuichi Hayashi, leader e compositore di questa formazione, racchiude e fonde all’interno della sua musica le influenze del jazz nordeuropeo producendo così un risultato musicale personale e distintivo nel panorama jazz nipponico.



Jazz Convention: Puoi ripercorrere brevemente il percorso musicale che ha preceduto la tua attuale identità musicale?


Yuichi Hayashi: Ho iniziato lo studio del pianoforte classico all’età di 5 anni. Dai 15 anni circa è nato il mio interesse per il rock e il pop ed intorno ai 20 ho iniziato a suonare jazz.



JC: Come e quando è nato il progetto dei TRISPACE?


YH: I TRISPACE sono in attività dal 2008. Sino a quel momento la mia attività musicale principale è stata prevalentemente quella di sideman per altre formazioni. In seguito, alla ricerca di qualcosa che potesse essere considerata veramente la mia musica, ho deciso di mettere insieme questo trio.



JC: Quali sono gli elementi musicali che hanno portato alla scelta di Morihiro Omura e Yoshitaka Yamashita come tuoi partner ideali per questa formazione?


YH: Il bassista Morihiro Omura sostiene tutta la band con il suo suono aperto a molteplici influenze musicali, mentre il batterista Yoshitaka Yamashita riesce sempre ad offrire una performance creativa e personale. Entrambi riescono a dare una forma concreta alla musica che io immagino. Questa è la ragione per la quale li ho voluti nella mia band.



JC: Sino ad oggi sei stato l’unico compositore dei TRISPACE. Qual è il tuo abituale approccio alla scrittura musicale e come trovi l’ispirazione?


YH: A volte scrivere musica richiede del tempo, altre volte tutto succede in maniera molto più rapida. Generalmente traggo ispirazione dall’armonia per scrivere una melodia, aspirando sempre ad una certa idea di bellezza e semplicità.



JC: A che punto del processo creativo coinvolgi Omura e Yamashita?


YH: Quando cerchiamo di ottenere la complessiva resa sonora del trio, la loro capacità creativa riesce a dar forma ad idee musicali che a me non sarebbero venute in mente. Il batterista Yamashita sa tirar fuori una enorme quantità di idee ritmiche che conferiscono alla band groove sempre originali. Trovo che questa sia la parte più interessante di tutto il processo creativo.



JC: Quali sono le differenze principali tra il vostro omonimo album di debutto del 2010 e il successivo Aria del 2012? Avete introdotto nuovi elementi musicali?


YH: Dal primo al secondo album sono trascorsi un anno e mezzo. In questo lasso di tempo penso la band sia riuscita ad ottenere performance sempre più creative e, più che in passato, ad aggiungere elementi musicali provenienti da generi differenti.



JC: Ci sono fonti extramusicali come il cinema, la narrativa o le arti figurative, che ispirano le tue composizioni?


YH: Solitamente non cerco ispirazione da altre forme d’arte che non abbiano a che fare direttamente con la musica, piuttosto è il mio vissuto quotidiano ad influenzare la mia creatività, ma questa ovviamente è una faccenda riservata.



JC: I TRISPACE danno anche molta importanza alla dimensione live. Come si sviluppa e come cambia la vostra musica in questo contesto esecutivo?


YH: La dimensione live ti permette di condividere lo stesso spazio con il pubblico. L’energia che riceviamo dagli spettatori presenti può condurre la band verso territori musicali inesplorati. Pur potendo incorrere nella possibilità di errore è una situazione in cui ci piace avventurarci con spirito positivo.



JC: Cosa ti affascina di più del suonare in trio?


YH: Credo che il trio sia un tipo di formazione dotata di un buon equilibrio. Quando si crea una forte sintonia fra tre persone, può manifestarsi una quantità d’energia infinita.



JC: Quali sono i piano trio appartenenti alla storia del jazz che più preferisci?


YH: Me ne piacciono tanti, ma se proprio devo sceglierne uno indicherei quello di Keith Jarrett.



JC: Pensi che il piano trio nasconda ancora aspetti inesplorati della sua espressione musicale?


YH: Non limitandosi agli stili più classici del jazz, penso che per un piano trio le possibilità possano essere numerose se ci si pone con l’atteggiamento di assorbire avidamente anche da altri generi musicali.



JC: Nella tua musica è possibile cogliere diversi elementi musicali che sembrano gettare un ponte tra il jazz giapponese e quello europeo. Come l’hai scoperto e quali sono i tuoi musicisti europei di riferimento.


YH: In Europa ci sono tanti ottimi musicisti. Tra essi, il piano trio svedese degli E.S.T è quello che ha avuto una profonda influenza su di me. Fondendo la musica della loro terra con il rock e la classica, sono riusciti a creare qualcosa di molto originale. È quello che mi piacerebbe avvenisse nella mia musica.



JC: Durante un tuo passaggio in Svezia, sei riuscito a suonare con Magnus Öström e Dan Berglund, membri del celebrato trio E.S.T. Com’è nata questa opportunità e come ti sei sentito ad occupare il non facile ruolo dello scomparso Esbjörn Svensson?


YH: È stato un vero privilegio per me! In Svezia, al termine di un loro concerto, ho avuto la fortuna di poter eseguire con loro alcuni brani in session. È stato molto eccitante! Quando ho raccontato loro che, ispirato dalla musica degli E.S.T avevo messo insieme un piano trio, mi hanno offerto di suonare con loro!



JC: Qual è la tua opinione riguardo l’attuale scena jazzistica giapponese? Cosa va bene e cosa potrebbe essere migliorato?


YH: Non conosco bene la situazione della scena jazzistica europea e americana, ma posso affermare che in Giappone esistono molto ottimi jazz club che danno la possibilità ai musicisti di esibirsi e crescere artisticamente.



JC: Tra i vostri progetti futuri c’è quello di un tour in Europa?


YH: Per la primavera del prossimo anno abbiamo previsto una nuova incisione in Svezia. Non vedo l’ora di incidere nel Nilento Studio, lo stesso nel quale hanno inciso alcuni dei miei gruppi preferiti come il Lars Jansson Trio e Avishai Cohen. Dopodiché spero di riuscire a suonare in Europa molto presto!