Splasc(h) Records – CDH 1559.2 – 2013
Lanfranco Malaguti: chitarre
Massimo De Mattia: flauti
Nicola Fazzini: sax contralto
Luca Colussi: batteria, percussioni
Lanfranco Malaguti prosegue nella esplorazione delle possibilità del suo quartetto, arrivando a pubblicare il terzo disco con analoga formazione. In questo cd il musicista romano utilizza una chitarra preparata in grado di riprodurre suoni di altezza variabile, in una gamma compresa dal grave del contrabbasso all’acuto dell’ottavino, grazie all’ausilio di un marchingegno denominato octave generator. In più si serve di sovraincisioni in tempo reale, grazie ad una loop station opportunamente programmata. Con questo armamentario da one man band, Malaguti rivela, al fondo, la sua anima pop-rock, tenuta nascosta o non ben messa in luce in dischi meno recenti, dove semmai risaltava il suo debito verso la tradizione bop, rivista secondo la sua sensibilità. A sostenerlo sul versante jazz fusion o zone di confine, provvede il batterista Luca Colussi, uno che picchia con vigore, ma senza esagerare e si compiace, si esalta nel sottolineare le atmosfere funkeggianti, con una pressione costante, possente e convinta. A controbilanciare o a sbilanciare gli equilibri, ci pensano i fiati, due musicisti di ricerca, perfetti per mescolare le carte e deviare la musica dai percorsi prevedibili e dai sentieri troppo battuti. Massimo De Mattia, in particolare, disegna con il suo flauto assoli felicemente arabescati, passando dalla tecnica dell’ipersoffiato, addirittura abusata nel periodo del progressive e da un fraseggio svolazzante, pieno di energia ad un eloquio severo di marca free, tanto libero, quanto sorvegliato. Nicola Fazzini spinge sul suo sax con forza e decisione. È capace di sostenere il ruolo di sassofonista da jazz rock band a quello di strumentista di cauta, pensosa avanguardia. E proprio questo contrasto, questo gioco di ruoli all’interno del gruppo garantisce uno stato di incertezza, di necessaria agitazione, tale da conferire un fascino particolare alla musica dell’album.
Il brano migliore del cd è sicuramente Plots. Si parte con i quattro protagonisti che sembrano seguire ognuno una propria strada, incuranti dei partners. Si crea, così, un clima di sospensione che si riversa su un tema obliquo, angoloso. Dopo l’esposizione del breve motivo, De Mattia e Fazzini partono per la tangente e si danno botta e risposta in modo nervoso e convulso, mentre la batteria commenta a modo suo il dialogo teso fra i due solisti con colpi apparentemente avulsi dal contesto. A questo punto Malaguti interviene con più determinazione e riporta tutti su un’atmosfera dove l’attesa si è conclusa e si è trovata la via di un dialogo proficuo. Il bello è stato, però, scoprire insieme punti di incontro, di contatto, di confronto e di scontro fra visioni magari contrapposte, ma omologabili del jazz o della musica in generale.
Con Chrysalis, Malaguti dimostra che, con questo quartetto, può riuscire ogni volta ad aggiungere un tassello importante nella costruzione di un mosaico variegato, la sua estetica e la sua produzione discografica, dove le tessere si appaiano facilmente perché ci sono entusiasmo, passione e metodo a puntellare lo sforzo creativo.