GrooveMasterEdition – GME019 – 2013
Leonardo Radicchi: sax tenore
Marta Capponi: voce, electronics
Claudio Leone: chitarra elettrica
Lorenzo Cannelli: Fender Rhodes, Elka Organ
Filippo Radicchi: batteria
Riot è la seconda prova discografica del sassofonista Leonardo Radicchi. Questa volta lo troviamo alla guida di un quintetto dalle sonorità elettriche: la chiave di lettura del disco è nell’incrocio di tensione interpretativa e varietà di situazioni musicali che il leader utilizza tanto per dare ragion d’essere del titolo – Riot, rivolta in inglese – quanto per mostrare le influenze e i riferimenti che confluiscono sui musicisti del giorno d’oggi.
Una musica elettrica, intensa, nervosa, sempre in movimento. Il quintetto, per quanto armato solo di strumenti musicali, è in piena agitazione e dimostra in pieno il bisogno di “sovvertire” i canoni. Le composizioni – tutte di Radicchi, tranne Sing for Absolution dei Muse con cui si chiude il lavoro – mettono a confronto stili e accenti della musica afroamericana in una miscela quasi inestricabile di linguaggi: melodie improntate a un jazz più convenzionale si misurano con ritmiche moderne e, viceversa, aperture swinganti si confrontano con linee e improvvisazioni spigolose. La penna del sassofonista prende in considerazione tutto quanto è stato prodotto dagli anni ’50 in poi per utilizzarlo come strumento di composizione e base di partenza.E in questo insieme vanno compresi groove, funky, r’n’b e, più in generale, tutto quanto siamo soliti considerare all’interno della black music oltre alle varie direzioni stilistiche del jazz. La sintesi di Radicchi è una lettura contemporanea, compatta, vivace e leggibile. Resta qualche spigolo un po’ troppo vivo, in alcuni passaggi, ma lo sviluppo complessivo non si fa mai confuso.
Il suono scelto per il quintetto rende ancora una volta chiari gli obiettivi di Radicchi. L’accostamento del sax tenore e della voce nei tre brani in cui è presente con una sezione armonica agile, elettrica, liquida e dalle forti tinte acide come quella formata dalla chitarra elettrica e dal’organo è la soluzione per rispondere in modo veloce ai cambi di scena e alle sovrapposizioni proposte dalla scrittura. La formazione risponde in modo efficace ed i quattro “compagni di avventura” mettono a disposizione del leader una elastica capacità di risposta. Il ruolo della voce può essere preso ad esempio: si passa dalle suggestioni effettate all’improvvisazione scat sulla ritmica frastagliata in Wait.
Ed è proprio l’innesto costante di suggestioni diverse a caratterizzare Riot: Radicchi cambia le carte in tavola per combinare tra loro suoni e linguaggi all’interno dei brani, una gestione sempre leggibile, come si diceva sopra, ma utile a creare tensione, a porgere soluzioni particolari al quintetto, ad arrivare alla sintesi stilistica cercata dal sassofonista.