Slideshow. Antonio Faraò

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Slideshow. Antonio Faraò.


Jazz Convention: Così, a bruciapelo chi è Antonio Faraò?


Antonio Faraò: Al contrario di quanto si possa immaginare sul lato artistico sono molto autocritico, per il resto oltre a dedicarmi alla musica mi piace molto la natura visitare gli zoo – quelli tenuti bene – e osservare gli animali: infatti quando sono in tour ne approfitto sempre, se ho qualche ora libera, per andarne a visitare uno… Amo molto passare del tempo con la mia famiglia.



JC: Mi puoi parlare del tuo nuovo disco?


AF: Evan nasce da un’idea che mi è venuta circa due anni fa, l’intento era di riunire alcuni nomi con i quali avevo precedentemente collaborato. La musica infatti è stata pensata e scritta appositamente per questo progetto dedicato a mio figlio Evan. Quello che lega i grandi musicisti da me scelti come Jack DeJohnette, Joe Lovano e Ira Coleman è principalmente la fusione di cultura jazz americana con quella europea, per intenderci straight ma aperta nello stesso tempo che è poi il mio modo di suonare…



JC: Qual è stato il primo ricordo che hai della musica?


AF: Ricordo con piacere e non dimenticherò mai il primo concerto al quale ho assistito, avevo solo sei anni i miei genitori mi portarono a sentire Ella Fitzgerald con la big band di Count Basie al teatro lirico di Milano nel 1971, fu un esperienza unica per me.



JC: Quali sono i motivi che ti hanno spinto a diventare un musicista jazz?


AF: Posso dire che da quando sono nato ho sempre ascoltato questa musica per la passione portata dai miei genitori, non dico che sia scontato ma questo mi ha sicuramente aiutato e stimolato per poi scegliere questa strada.



JC: E in particolare un pianista jazz?


AF: A dire il vero ho iniziato a cinque anni con il vibrafono, a sette con la batteria per scegliere definitivamente a nove anni il pianoforte dove ho iniziato a comporre i mie primi brani.



JC: Ma cos’è per te il jazz?


AF: è una musica che offre grande libertà di espressione e creatività ma poi bisogna compensare con un po’ di razionalità e rigore studiando tanto, non basta avere talento…



JC: Quali sono le idee, i concetti o i sentimenti che associ alla musica jazz?


AF: Sono molto legato al mio passato e questo ispira sicuramente gran parte della musica che scrivo, la musica la vivo in modo molto spirituale forse anche perché sono credente.



JC: Tra i dischi che hai fatto ce ne è uno a cui sei particolarmente affezionato?


AF: È un po’ come dire a quale figlio sei più affezionato… comunque trovo che siano ben riusciti Thorn, registrato per la Enja nel 2000, Next Stories ancora per Enja nel 2002, Woman’s Perfume per la Cam Records nel 2008, Domi per Jandomusic/Cristal nel 2012 e quest’ultimo appena uscito Evan sempre per Jandomusic/Cristal a settembre.



JC: E tra i dischi che hai ascoltato quale porteresti sull’isola deserta?


AF: Probabilmente nessuno, sarebbe sufficIente il suono generato dalla natura. Se però devo proprio citarne qualcuno penso Ballads di John Coltrane e Maiden Voyage di Herbie Hancock…



JC: Quali sono stati i tuoi maestri nella musica, nella cultura, nella vita?


AF: Sul lato didattico il maestro Adriano Della Giustina e il maetro Riccardo Risaliti, nella mia vita i miei cari genitori ai quali devo tutto.



JC: E i pianisti che ti hanno maggiormente influenzato?


AF: Penso sia scontato citare i soliti grandi maestri… sicuramente Oscar Peterson, Duke Ellington, Wynton Kelly, Erroll Garner, Bill Evans, Herbie Hancock, Chick Corea, Keith Jarrett e molti altri ancora, ma non sono stati solo pianisti ad aver influenzato il mio mondo musicale: Miles Davis e John Coltrane per esempio hanno caratterizzato molto il mio modo di organizzare la musica all’interno di una band.



JC: Qual è per te il momento più bello della tua carriera di musicista?


AF: I momenti più belli sono quando vorresti che i tuoi sogni si realizzassero dopo tante fatiche e sacrifici, l’incubo è invece incontrare nel tuo percorso artistico persone che abusano del potere il più delle volte incompetenti e che spesso distruggono tutte le tue aspettative. Ma con la determinazione e perseveranza si supera tutto l’importante è credere in quello che fai.



JC: Quali sono i musicisti con cui ami collaborare?


AF: Amo collaborare con musicisti aperti di mente che pensano la musica in modo spontaneo senza imporre le loro idee o il loro modo di suonare, questo è sicuramente il modo migliore per dare spazio alla creatività di ogni artista.



JC: Come vedi la situazione della musica in Italia?


AF: L’Italia è un paese ricco di grandi musicisti ma ci vorrebbe un po’ più di apertura mentale… penso sia importante dare spazio a tutti quei musicisti che se lo meritano: secondo me il grande limite che non fa crescere questo paese dal punto di vista artistico rimane proprio nell’atteggiamento sbagliato dello scambio di favore, simpatie e vari clan che si creano. Bisogna valorizzare le nostre risorse aiutando soprattutto i giovani talenti così evitando di farli scappare e trovare quei riconoscimenti in altri paesi che qui non trovano: in qualche modo questa cosa fa pensare un po’ al mio percorso…



JC: E più in generale della cultura italiana?


AF: Io vivo e conosco prevalentemente il mio mondo ma a volte mi è capitato di parlare con artisti nel campo del teatro per esempio riscontrando alla fine che i problemi citati nella risposta precedente siano abbastanza comuni a tutti e probabilmente a questo punto immagino anche in altre forme culturali…



JC: Cosa stai progettando a livello musicale per l’immediato futuro?


AF: Penso sia arrivato il momento di registrare il mio primo cd in solo che realizzerò sempre con Jandomusic e Cristal Records, ottimi produttori e molto aperti ad accogliere le idee di un artista, ho appena iniziato a lavorare e spero di poterlo già presentare l’anno prossimo, in simultanea ho anche un’idea più commerciale ma è ancora troppo presto per parlarne.