Foto: Copertina del disco
Miscommunication, l’ossimoro discografico dei Dugong.
I Dugong, sono un “manipolo” di giovani musicisti con le idee molto chiare. Marinai, non più in erba, che assieme al navigato skipper Andrea Di Biase, sfidano i marosi del jazz con un carico di passione, idee e sguardi metropolitani. Miscommunication, loro primo disco, nasce, più che in Italia, dalle strade di New York, ci pare, da quei suoni che investono la quotidianità e colpiscono per le loro svariate origini e provenienze. Un melting pot, la cui ripetitività sta influenzando non poco un certo jazz contemporaneo. I Dugong navigano tra quelle acque, ne assaporano la brezza, traggono linfa da una realtà estremamente cinetica, che produce nuove musiche, ritmi e movimenti circolari.
Jazz Convention: Chi sono i Dugong? Perché vi siete dati questo nome?
Dugong: I Dugong sono Michele Caiati, chitarra, Nicolò Ricci, sax tenore, Andrea Di Biase, contrabbasso e Riccardo Chiaberta, batteria. Il Dugongo è un animale buffo, una specie di piccola balena o un goffo delfino, e ha suscitato subito la nostra simpatia quando ne abbiamo scoperto l’esistenza. Forse ci siamo anche un po’ immedesimati. Poi la parola “dugong” ricorda il suono di un intervallo musicale suonato in un particolare modo, la quinta discendente, ma questa è un’elucubrazione a posteriori, diciamo che l’origine del nome della band è più che altro affettiva.
JC: Raccontateci di voi? La vostra formazione, le influenze…
D: Ci siamo conosciuti a Milano, ma non tutti assieme e nello stesso momento. Io (Michele Caiati), Nicolò e Andrea abitiamo nella stessa zona. Ho conosciuto Andrea a Siena, durante i seminari estivi. L’incontro con Riccardo è avvenuto invece negli ambienti del Conservatorio. Da quando abbiamo iniziato a suonare assieme c’è stata una profonda sintonia personale e musicale, direi preziosa. Ci accomunano gli ascolti musicali, che sono molto vari. Siamo appassionati di musica classica, amiamo Beethoven, Mozart, Debussy, Ravel e Stravinsky. Ci affascina la musica contemporanea, ma ascoltiamo anche molto hip-hop, pop, elettronica, rock, e ovviamente molto jazz, in tutte le sue forme. Ci lega il forte desiderio di conoscenza e un’esigenza condivisa di sperimentazione, intesa come ricerca di forme espressive nuove e del vero in musica.
JC: Andrea Di Biase, contrabbassista di consolidata esperienza, che ruolo ha nel vostro gruppo?
D: Volendo tracciare una cronologia della storia del gruppo, Andrea è l’ultimo e determinante acquisto. È credo il componente della band che ha maturato maggiore esperienza e alcune delle sue numerose collaborazioni sono immense, basti pensare a Kenny Wheeler, uno dei più influenti trombettisti e compositori di jazz in assoluto. Ma il contributo più grande di Andrea alla nostra musica è la sua travolgente curiosità, che ci spinge a cercare sempre nuove direzioni e a non fermarci necessariamente quando crediamo di aver intrapreso quella giusta. Molto spesso ha ragione!
JC: Miscommunication è il vostro primo disco. Com’è nato?
D: Abbiamo preso un pò di brani nostri, quelli che ci piacevano di più, li abbiamo suonati in vari modi e abbiamo scelto quello che ci sembrava il migliore per l’occasione. Dico così perchè a distanza di un anno dalla registrazione li suoniamo già in modo decisamente diverso. Ci è stato molto d’aiuto in questa operazione un soggiorno in una località da sogno, in Liguria, dove Riccardo ha una casa meravigliosa, il posto ideale per raccogliere le idee…
JC: Dieci degli undici brani sono vostre composizioni. Li avete realizzati in occasione di questo progetto o facevano già parte del vostro repertorio?
D: I brani che abbiamo inserito nel disco li abbiamo suonati più volte sia dal vivo che durante session di prova. Le uniche eccezioni sono Una Nuvola Nera, che ho scritto pochi giorni prima di entrare in studio a registrare e il brano di Coltrane After the Rain che ho proposto al gruppo e abbiamo deciso di registrarlo in maniera piuttosto libera, senza particolari idee di arrangiamento, semplicemente ascoltandoci a vicenda. In generale i brani del disco indicano il percorso che abbiamo compiuto negli ultimi due anni, a livello compositivo e di interpretazione.
JC: Ci commentate brevemente i vostri pezzi?
D: Il disco si apre con Miscommunication, un mio brano piuttosto recente, l’idea di base è una melodia che si ripropone ciclicamente assumendo di volta in volta varie sembianze; alterna momenti riflessivi in apertura e in chiusura a una parte centrale più incalzante. Cespert’s surprise for surprising things è un brano di Nicolò dedicato al suo gatto Cespert. La melodia è piuttosto intricata mentre anche se l’idea armonica e ritmica dilatate, di chiara ispirazione rock consentono molta libertà nella costruzione dei soli. Una nuvola nera è un brano che ho scritto pochi giorni prima di registrare il disco. La melodia è liberamente ispirata a una canzone del cartone di Winnie the pooh che guardavo da bambino. L’idea ritmica del brano è basata su una poliritmia e un continuo dialogo tra un tempo semplice binario, espresso spesso dal basso e un tempo composto, esplicitato dal riff di chitarra. La composizione di Coltrane After the rain è un tributo che abbiamo voluto fare all’artista in quanto influenza imprescindibile per la nostra crescita umana e musicale. Abbiamo voluto suonarlo molto liberamente, quasi senza dirci nulla, cercando insomma di essere più sinceri possibile nel modo di interpretarlo. La luce della domenica è un brano che ho scritto parecchio tempo fa, dopo aver ascoltato un concerto di Ben Allison a Milano, proprio di domenica, dal quale sono uscito pieno di input musicali. Ausilium è un pezzo di Nicolò, scritto in seguito al suo viaggio in solitaria a New York di un paio di anni fa. È basato su un groove rock dispari e su una sorta di contrappunto un po’ sbilenco tra melodia del sax e controcanto della chitarra. Happy people, creepy people l’ho scritto al pianoforte e credo che si noti la forte ispirazione ricevuto dalla musica di Brad Mehldau nell’uso della melodia nel registro basso. Dear maelstrom e Cane bagnato sono i brani più datati; di Nicolò il primo e mio il secondo. Hanno strutture diverse rispetto a quelle dei brani precedenti, potremmo dire più simili a standard jazz. Abbiamo voluto includerli proprio per lasciare traccia del percorso fatto in questi anni. Big mess è il brano di mia composizione con cui di solito concludiamo i concerti. Abbiamo pensato di fare altrettanto per quanto riguarda il disco, anche perché ha un finale dal sapore un po’ “epico” e di chiusura.
JC: Di After The Rain di Coltrane c’è una celebre versione alla chitarra di John McLaughlin.
D: Non conoscevo la versione di John McLaughlin. In realtà non avevo sentito altre versioni al di fuori di quella di Coltrane nel momento in cui abbiamo registrato il disco. L’ho ascoltata ora e devo dire che merita!.
JC: Il progetto Dugong avrà un seguito?
D: Ci stiamo costruendo lentamente un seguito. L’ultimo feedback che abbiamo avuto è stato piuttosto gratificante: al concerto di presentazione del disco a Milano presso lo spazio Tadini abbiamo fatto un tutto esaurito con circa 170 persone paganti. A breve andremo a suonare in Veneto, in Piemonte e più avanti verso Roma e il sud Italia, sperando di ricevere una buona risposta da parte del pubblico.
JC: La label Zone Di Musica ha pubblicato il vostro primo lavoro.
D: È un’etichetta di Roma, sono venuto a conoscenza della loro esistenza tramite amici di Roma che avevano già pubblicato con loro e devo dire che lavorare con loro è un vero piacere. Sono molto disponibili ed efficienti e danno molta importanza alla musica, cosa che potrebbe sembrare banale ma sempre più rara di questi tempi.