Mehliana e Chihiro Yamanaka European Trio al Parco della Musica

Foto: Fabio Ciminiera









Mehliana e Chihiro Yamanaka European Trio al Parco della Musica

Roma, Auditorium Parco della Musica – 25.11.2013, 27.11.2013


Mehliana è il nome del nuovo progetto del pianista Brad Mehldau e del batterista Mark Guiliana. Quello del duo è sempre stato un abbinamento particolarmente prediletto dal pianista di cui si ricordano fortunati duetti, soprattutto live, con Larry Granadier, Pat Metheny, Joshua Redman e la cantante Anne Sofie von Otter, e anche l’incontro con il giovane ma già quotato batterista, già al fianco di Avishai Cohen in una ritmica di spessore, non rappresenta di per sé una novità assoluta. Sorprende di contro la scelta di abbandonare quasi del tutto i tasti del pianoforte a coda per cimentarsi con i suoni elettrici del Fender Rhodes e di vari sintetizzatori vintage, dando vita ad uno spettacolo, almeno sulla carta, dal forte sapore psichedelico. Una svolta accolta ed acclamata dalla critica che desta curiosità e che ha nel calendario dell’Auditorium di Roma l’unica tappa italiana di un lungo tour mondiale in cui vengono presentati i brani che saranno poi raccolti in un album già confezionato di prossima pubblicazione.


Impassibili e seriosi come di consueto, i due si posizionano uno di fronte all’altro introducendo senza convenevoli il primo lungo brano in scaletta. Il mood diviene subito chiaro e non lascia spazio ad equivoci: Mehldau disegna inizialmente al Fender Rhodes linee melodiche essenziali, glaciali, iniziando pian piano a manipolarle e distorcerle con l’uso di sintetizzatori e loop vari. Guiliana dal canto suo va subito dritto introducendo ritmi addirittura jungle e drum and bass, non disdegnando anche lui l’uso di una elettronica comunque più contenuta. Le fredde atmosfere rarefatte sono il filo conduttore di tutto il concerto in brani originali che portano la firma di entrambi i musicisti. Mehldau sembra essere perfettamente a suo agio nel manipolare suoni in un ambiente che lo lascia libero di muoversi verso un’improvvisazione portata all’estremo con Guiliana che carica il tutto in un drumming secco e diretto molto tecnico, ma dalle poche variazioni. E proprio questo è l’aspetto dolente della serata: le dinamiche appaiono infatti alla lunga fin troppo piatte e monocordi, tirate e tese fin dalle prime battute senza sosta. In questo avrebbe potuto giovare l’alternare la spinta degli strumenti elettrici con qualche momento acustico in modo da concedere un attimo di respiro, cosa che accade soltanto nell’ultimo bis finale in cui il pianista di Jacksonville regala finalmente qualche nota al pianoforte. La musica che ne viene fuori non presenta grossi elementi di novità in un terreno quasi ballabile fra elettronica ed improvvisazione ultimamente sempre più in voga anche tra i jazzisti più classici. E così, complici anche i volumi fin troppo alti e i suoni non sempre calibrati a dovere, il concerto appare lungo e stancante, con parte del pubblico che abbandona la sala ben prima dell’uscita di scena dei due protagonisti nel più tipico progetto che spiazza e divide, deludendo chi si aspettava il classico pianismo di Mehldau e chi invece si entusiasma costringendo i due addirittura a ben tre bis finali.


Più tradizionale ma non certo insignificante il ritorno, due giorni più tardi, della brava pianista giapponese Chihiro Yamanaka ed il suo European Trio, completato dai nostri Aldo Vigorito al contrabbasso e Mikey Salgarello alla batteria. Minuta ed elegante, gentile e quasi timida nel porsi, seduta davanti ai tasti bianchi e neri la Yamanaka si trasforma in una musicista dallo stile brillante e dirompente. Carica di energia negli assolo in una cascata di note senza tregua,incredibilmente morbida e raffinata nell’accompagnare i suoi fidati compagni di palco, la pianista offre un repertorio ampio e ben assortito fatto di standard e brani originali. Sono proprio quest’ultimi a convincere maggiormente, già dal brano di apertura Living Without Friday, con temi freschi e moderni che meglio rappresentano l’anima virtuosa ed il gusto delicato di un’artista capace di brillare sia nei ritmi lenti che in quelli più sostenuti. Supportata efficacemente da una ritmica affiatata che conosce bene, avendo già condiviso moltissimi concerti tra Italia, Europa e Giappone, la Yamanaka non delude nemmeno nella scelta dei brani altrui, citando Paul Desmond, Duke Ellington ma anche i Beatles, dando una nuova veste a pezzi celeberrimi totalmente rivisitati. In una intensa Body and Soul fa il suo ingresso anche il trombettista Luca Aquino che impreziosisce ulteriormente la serata con suoni effettati di grande qualità. Ma dopo qualche brano con il gradito ospite, è di nuovo la pianista giapponese a riprendersi la ribalta in un finale in crescendo prima di concedere i due bis finali, giustamente reclamati a gran voce dal soddisfatto pubblico presente.