Slideshow. Sugarpie & The Candymen

Foto: da internet










Slideshow. Sugarpie & The Candymen.


Jazz Convention: Così, a bruciapelo chi è Sugarpie?


Sugarpie: Sugarpie è Georgia Ciavatta, 27 anni di Piacenza, una ragazza romantica con il cuore pieno di musica soul, blues, r’n’b e jazz, la testa piena di sogni da realizzare e i piedi sulle nuvole.



JC: Perché proprio questo nome d’arte?


S: Il nome mi è stato attribuito da Silvia, cara amica e autrice degli scatti di entrambi i nostri ultimi due cd editi per Irma Records. Mi si addice perché sono una ragazza molto dolce ed Inoltre amo mangiare i dolci …di tutti i tipi!



JC: Come definiresti la tua musica: jazz, swing, revival o altro?


S: La nostra musica è eclettica: è gypsy, è blues, è swing, è jazz, ammicca al pop. È una commistione di più generi musicali, è il risultato dell’unione di tutta la musica che ognuno di noi ama ascoltare.



JC: Mi parli del nuovo cd Waiting For The One?


S: Il nuovo cd è come un figlio. Ci abbiamo lavorato nove mesi. Abbiamo letteralmente riso, pianto, discusso, ci siamo mandati a quel paese diverse volte, è stato un vero e proprio lavoro di squadra e ne siamo orgogliosi! Abbiamo riarrangiato brani famosi e ci siamo cimentati in sette brani originali, uno diverso dall’altro, uno più bello e ricco di emozioni dell’altro. Ogni brano racconta una storia. Una delle chiavi di lettura è l’Amore, ogni brano può essere letto come una fase di una storia d’Amore.



JC: Che differenze ci sono rispetto al precedente disco?


S: Questo disco è decisamente più eterogeneo, ci sentiamo tutti e quattro rappresentati personalmente all’interno della musica contenuta nel disco. È stato un disco che ha portato con se tutta una serie di cambiamenti all’interno dell’organico del gruppo ed in ognuno di noi. E’ frutto della crescita musicale, artistica e personale di tutti e quattro. È frutto delle nostre esperienze vissute in questo anno di lavoro. È un disco che è stato fortemente voluto, un disco che sulla sua strada ha incontrato anche degli ostacoli, che ha saputo superare alla grande! È un disco caratterizzato da diverse collaborazioni con ottimi musicisti italiani ed americani, che lo hanno arricchito con la loro professionalità, esperienza, con le loro emozioni, con il loro modo di fare musica.



JC: A livello personale, Sugarpie, mi racconti ora il primo ricordo che hai della musica?


S: Ero piccolina, a tre anni, cantavo e ballavo in salotto, sui vinili che il mio papà ascoltava. Mi ricordo il fumo che usciva dalla sua pipa, l’odore forte e dolciastro del tabacco e la musica di Ella, Louis e Billie… fino a Let it be dei Beatles.



JC: Quali sono i motivi che ti hanno spinto a diventare una cantante?


S: Ho iniziato come ballerina, studiando danza classica fino ai sedici anni. Poi in seguito ad un infortunio, giocando a pallavolo durante l’ora di ginnastica al liceo, dovetti smettere di ballare e cominciai a cantare. Era però la seconda scelta, io avrei voluto fare la ballerina. All’inizio cominciai a cantare come terapia, per uscire da un momento di tristezza dovuto all’abbandono forzato della danza.



JC: E a cosa ti serviva il canto?


S: Cantare mi aiutava ad esprimere le mie emozioni, cantavo quasi sempre brani in inglese, la lingua inglese era un po’ la mia coperta di Linus, nessuno mi avrebbe capita completamente (soprattutto in famiglia) ed io potevo sfogarmi. Poi arrivarono i primi “successi” tra concorsi più o meno importanti, fino al premio al GEF di Sanremo, consegnatomi da Katia Ricciarelli, concorso al quale cantai il celebre brano jazz, Summertime. Avevo diciasette anni. Da quel momento non lascia più il canto e la musica e cinque anni dopo comincia la mia avventura con Sugarpie & The Candymen.



JC: E in particolare perché una cantante di questo tipo di musica?


S: È stata la cosa più naturale che mi potesse accadere. Il mio papà mi ha sempre fatto ascoltare il Jazz in casa ed io, anche se una parte di me ama follemente anche la musica soul e Motown (Etta James, Ruth Brown, Aretha Franklin, ma anche Erykah Badu, Lauryn Hill) ho sempre voluto cantare i brani interpretati dalla cantante per eccellenza, Ella. Il Jazz è uno stile di vita, Il Jazz è vita e ne racchiude tutti gli aspetti. Il Jazz è il blues, è la spensieratezza dello swing, è un mostro sacro al quale guardo tutt’ora con grande rispetto ed anche un po’ di timore reverenziale. Non mi sento ancora una cantante jazz, ma ci sto lavorando!



JC: Ti piace il jazz? e cosa rappresenta per te il jazz?


S: Il Jazz come dicevo è uno stile di vita e, per citare una frase di un celebre trombettista Wynton Marsalis, “Il jazz può cambiarti la vita”. Ne ho dei fortissimi ricordi sonori di quando ero bambina; ma più vado avanti più capisco che fa parte della colonna sonora della mia vita,fa parte della mia vita. C’è stato un periodo nel quale ci ho lottato contro, perché ascoltare il Jazz, mi faceva sentire diversa rispetto ai miei coetanei. Mi fa ancora sentire diversa ma in senso positivo e ne sono orgogliosa. Il Jazz ti rende libero, libero di raccontare chi sei veramente.



JC: Quali sono le cantanti che ti hanno maggiormente influenzata?


S: Ella Fitzgerald, Billie Holiday, Bessie Smith, Etta James, Ray Charles, Whitney Houston, Erykah Badu, Aretha Franklin e Mina, unica italiana, ma al pari con le altre.



JC: E i jazzisti che ami maggiormente?


S: Quelli che ascoltavo con il mio papà: Louis Armstrong, Fats Waller, Duke Ellington, Oscar Peterson.



JC: E tra i dischi che hai ascoltato quale porteresti sull’isola deserta?


S: Mack The Knife – Ella in Berlin, Ella and Louis, Erykah Badu live, At Last Etta James, Inside Betty Carter e tantissimi altri!



JC: Quali sono stati i tuoi maestri nella musica, nella cultura, nella vita?


S: Ho decisamente rivisto il significato della parola maestro in questo ultimo anno. Prima il maestro era chi mi avrebbe insegnato come migliorare nel canto, ed ancora prima nella danza. Il maestro era chi sapeva più di me. Ma c’è sempre qualcuno che sa più di te! Ora penso che il maestro possa essere chiunque sappia indicarti dove guardare ma senza dirti cosa vedere! Si può imparare da tutti quelli che ci circondano. Ci si può migliorare giorno per giorno, si può essere maestri di se stessi ed il più grande maestro è senz’altro la vita.



JC: Come vedi la situazione della musica ora in Italia?


S: In stallo. Vedo due realtà parallele che potrebbero lavorare insieme ma non lo fanno. Quella della musica “delle major” e quella della musica “indipendente”. Il mercato della musica “commerciale” non vuole dare spazio a quello della musica “indipendente”, proprio non la vuole aiutare. Forse la teme. E così tantissimi bravi artisti si ritrovano ad essere lasciati a se stessi ed oltre alla parte di propria competenza, quella creativa ed artistica, si ritrovano a dover fare anche quella di produzione e di pubblicità. Bisogna lottare ogni giorno per farsi conoscere e non si riesce a far capire al grande pubblico che ci siamo anche tutti noi, e che valiamo tanto quanto gli altri, se non di più…



JC: E più in generale della cultura in Italia?


S: La cultura in Italia è stata abbandonata, la cultura musicale dimenticata. Non si sa su cosa stia puntando il nostro paese. Forse l’Italia non si ricorda che in passato è stata la culla della cultura a tutto tondo. Ed ora?! Dal mio punto di vista, oltre alla crisi economica, c’è una forte crisi di valori. Non c’è meritocrazia, forse non c’è mai stata. Vorrei che tutti gli artisti, neppure considerati come categoria di lavoratori, si unissero e cooperassero per creare una comunità per autosostenersi e tutelarsi. Vorrei che si potesse collaborare anziché farsi la guerra. Ma in quanto la pensano come me?



JC: Cosa stai progettando a livello musicale per l’immediato futuro?


S: Siamo in trepida attesa di portare in tour in tutta Europa ed in tutto il mondo (pensiamo in grande) il nostro nuovo cd “Waiting for the one”. Abbiamo realizzato un nuovo spettacolo inserendo anche alcuni dei tanti ospiti che hanno suonato sul disco. Il nuovo show è una bomba! Se non ci conoscete, supportateci e seguiteci, contattateci e chissà che non ci si veda in una città vicina a voi. Confesso anche che voglio mettermi alla prova e realizzare un disco tutto scritto da me, ma questa è un’altra storia!