Kari Ikonen Trio – Bright

Kari Ikonen Trio - Bright

Ozella Music – OZ 049 CD – 2013




Kari Ikonen: pianoforte

Ara Yaralyan: contrabbasso

Markku Ounaskari: batteria





Senza rivoluzioni né strappi netti, Kari Ikonen, Ara Yaralyan e Markku Ounaskari lasciano passare nella propria visione del piano trio una attenzione particolare a rendere meno netti i confini entro cui si circoscrivono solitamente le esperienze jazzistiche. La prima prova viene da un repertorio dove troviamo tre brani non originali molto diversi per provenienza come Giant steps, I fall in love too easily e Testament of my heart – quest’ultima è una composizione dell’armeno Gusan Ashot, poeta e autore di canzoni – e utilizzati come veicolo per suggestioni melodiche ed emotive differenti, per una visione ritmica informale ma mai completamente libera, fluida e intensa allo stesso tempo, per un utilizzo del pianoforte mirato a rivestire senza sovrastare il lavoro degli altri due strumenti. Vale la pena di sottolineare infatti come l’approccio del trio, pur mettendo in luce il pianoforte come “prima voce”, sia poi naturalmente disposto a condividere la “responsabilità” della costruzione dei brani, grazie ad un dialogo e ad un interplay constante e sempre rispettoso del contributo dei tre musicisti.


I tre brani citati rispecchiano quanto avviene nelle tracce composte da Kari Ikonen. Se è vero che il pianista non punta a stabilire nuove frontiere per il piano trio, è altrettanto evidente l’intenzione di stemperare i confini interni, le categorie e gli steccati. Ritroviamo nelle strutture dei brani e nelle intenzioni degli esecutori, di volta in volta, la vicinanza alle esperienze seminali del piano trio pre-evansiano, naturalmente il raffronto con il lavoro fatto da Bill Evans, l’ascolto delle successive intepretazioni statunitensi, per arrivare infine alle tante declinazioni europee attuali del formato. E ancora l’attenzione alle avanguardie europee si miscela con lo sguardo alle suggestioni orientali. Tutto questo, però, converge in maniera ordinata, si sposa con l’atteggiamento discreto del trio e l’intenzione costante di sottrarre elementi. E, soprattutto, si riflette nelle dieci tracce del disco, suonate sempre con fluidità, morbida e sussurrata in molti frangenti, come nella conclusiva Pacific, briosa ma mai scomposta, come nel brano di apertura Bapmgwala. Nel mezzo, un ragionamento maturo sulle possibilità di questa formazione, rivolto a trovare una coesistenza tra i vari elementi e a dare risalto alle capacità dei tre interpreti. E in diversi passaggi, grazie all’esposizione essenziale, risaltano i particolari e le sfumature, come il lavoro di spazzole di Ounaskari o quello all’archetto di Yaralyan: emerge, in questo modo, quanto sottinteso dalle note, l’atmosfera di ciascun brano.