Philology – W 395.2 – 2009
Venanzio Venditti: sax tenore
Leonardo Borghi: pianoforte
Vincenzo Florio: contrabbasso
Marco Valeri: batteria
Let’s move ondel quartetto di Venanzio Venditti, fa immergere l’ascoltatore nel più classico Blue note sound, come pure il fraseggio del tenorsassofonista spazia attraverso l’orbita dei più veementi portacolori dell’hard bop fino ad arrivare a punte coltraniane anni Sessanta.
Nessuna concessione, però, a velleitari avanguardismi dietro i quali si trincerano spesso le nuove tendenze del jazz. Un merito, certamente, oggi talvolta non apprezzato sufficientemente. Non ci vuole molto a capire che Venanzio Venditti, sembra non proprio un “enfant” a giudicare dalla foto di copertina, abbia mangiato pane e jazz (ma di quello buono e fragrante) per molti anni, fino ad arrivare a sintetizzare uno stile fluido, scorrevole, a tratti persino magmatico, ma sempre elegante e incisivo. La ricercata e tanto declamata originalità, non rappresenta una peculiarità assolutamente necessaria nel jazz. Arrivare ai livelli di Venditti dovrebbe essere invece una caratteristica imprescindibile per chiunque voglia suonare veramente jazz, affidandosi sulla scorta della propria esperienza, anche sul versante compositivo, benché compositori si nasca e non ci si improvvisi a tutti i costi. Quindi, senza strafare, Venditti in Let’s move on bilancia perfettamente l’arrangiamento dei classici, come Berlin o Dorham, con propri temi. Qui sta la maturità del jazzman. Infatti il cd, inciso per l’etichetta Philology (sezione “Rivelazioni”) di quell’indomabile talent scout che è Paolo Piangiarelli, non può prescindere da situazioni modali come la doppia versione di Piccola Anna, nella quale trova spazio per emergere il pianista Leonardo Borghi, un tyneriano autentico dal tocco caldo e corposo. Una coppia tonica come Venditti & Borghi, non poteva non essere supportata da due altrettanto validi musicisti, quali il bassista Vincenzo Florio e il batterista Marco Valeri. Sempre a proposito di Borghi, altro musicista cresciuto certamente a “pane e jazz”, colpisce la versatilità. Da Tyner, infatti, passa disinvoltamente a un fraseggio più vicino a Tommy Flanagan (non a caso fu scelto da Coltrane per incidere il monumentale Giant steps) su un classico di Styne & Cahn: It’s you or no one. La formazione è assolutamente compatta. Consigliabile l’ascolto dell’iniziale Asiatic raes e della pur eterna ballad Easy living, nella quale il gruppo riesce comunque a trovare spunti di un’eleganza distinta, sempre nella purezza del jazz più intransigente.