Slideshow. Tito Mangialajo Rantzer

Foto: Tito Mangialajo Rantzer










Slideshow. Tito Mangialajo Rantzer.


Jazz Convention: Così, a bruciapelo chi è Tito Mangialajo Rantzer?


Tito Mangialajo Rantzer: Un papà, un marito, un jazzista, un contrabbassista.



JC: Ci parli del tuo nuovo disco?


TMR: È il primo disco a mio nome, dopo aver suonato in circa 80 cd con i più diversi leader. Si intitola Dal basso in alto ed è uscito per la Solista Records, una neonata etichetta dedicata a progetti solisti. L’ho registrato da solo, scegliendo alcuni brani che mi piacevano particolarmente e che pensavo di poter rendere in maniere personale col solo mio strumento e in alcuni casi anche con la voce e il fischio. Si va da Ornette Coleman agli standard, da brani miei a Bud Powell, passando per brani di amici jazzisti italiani con i quali suono o ho suonato. Il tutto in maniera credo molto semplice e diretta.



JC: Mi racconti ora il primo ricordo che hai della musica?


TMR: Mia mamma che canticchiava Someone to watch over me. Ricordo anche molto bene quando suonavo la melodica in terza elementare: suonavamo Bach insieme ad altri tre compagni. La maestra di musica era molto brava. E poi mio papà, che alla domenica ascoltava i dischi mentre cucinava. Ricordo soprattutto la sesta di Beethoven e Blues and Roots di Mingus, del quale adoravo la copertina.



JC: Quali sono i motivi che ti hanno spinto a diventare un musicista jazz?


TMR: Il suono, la libertà, il potermi esprimere. Soprattutto la sonorità.



JC: E in particolare un contrabbassista jazz?


TMR: Uno solo… difficile rispondere. Così al volo, direi Mingus. Ma potrei dire Scott La Faro, Wilbur Ware, Red Mitchell, Dave Holland, Paul Chambers… Sicuramente, il suono di Scott La Faro mi ha fatto passare dal basso elettrico al contrabbasso quando avevo circa 18 anni.



JC: Ma cos’è per te il jazz?


TMR: La musica più bella del mondo. È il suono che accompagna la mia vita da quando ho sedici anni.



JC: Quali sono le idee, i concetti o i sentimenti che associ alla musica?


TMR: Non vorrei passare per uno stravinskiano incallito, ma alla musica associo la musica. Ci risiamo: associo il suono, la vibrazione. Ecco per me l’aspetto fisico è importantissimo. Aria che vibra.



JC: Tra i dischi che hai fatto ce ne è uno a cui sei particolarmente affezionato?


TMR: A parte questo mio primo, il primo in trio con Antonio Zambrini – Antonia e altre canzoni – e il primo di mia moglie, la cantante Francesca Ajmar: quando lo abbiamo registrato non stavamo ancora assieme, poi…



JC: E tra i dischi che hai ascoltato quale porteresti sull’isola deserta?


TMR: A love supreme, Kind of blue, uno qualsiasi del trio di Bill Evans con La Faro e Motian, Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band, Blues and Roots, The shape of Jazz to come, Ella&Louis, A Voz, O Violão” (il primo disco di Djavan), The sound of Sonny, Amoroso e Brasil di Joao Gilberto, il primo di Cartola, uno di Beth Carvalho, Coisa fina (di Leny Andrade e Romero Lubambo), Travessia (il primo di Milton Nascimento), le incisioni del 1944 di Billie Holiday con Eddie Heywood, le incisioni in quartetto di Lester Young del 1943 per la Keynote, Motionlee, And his mother called him Bill… la lista sarebbe lunga. Spero di non naufragare… E poi, ci sarà un lettore CD?



JC: Quali sono stati i tuoi maestri nella musica, nella cultura, nella vita?


TMR: I miei genitori e mia sorella. Poi alcuni musicisti con cui ho suonato/studiato in questi primi 25 anni di musica e che mi hanno insegnato qualche cosa: Michele Bozza, Giancarlo Locatelli, Marco Vaggi, Tiziano Tononi, Daniele Cavallanti, Gianni Cazzola, Antonio Zambrini. Potrei aggiungere tutti quegli artisti e filosofi che ho conosciuto attraverso le loro opere e che hanno fatto sì che io sia quello che sono ora: Franz Kafka, Joseph Roth, Primo Levi, Achille Campanile, Italo Calvino, François Truffaut, Alfred Hitchcock, Billy Wilder, i Fratelli Marx, Epicuro, Lucrezio… Temo siano molti.



JC: E i contrabbassisti che ti hanno maggiormente influenzato?


TMR: Primo fra tutti un bassista elettrico: Paul McCartney. Poi Mingus, Wilbur Ware, La Faro, Chambers, Red Mitchell, Dave Holland, Jean-Jacques Avenel, Jimmy Garrison, Charlie Haden, Milt Hinton, Ray Brown, Mark Dresser, Peter Kowald…



JC: Qual è per te il momento più bello della tua carriera di musicista?


TMR: Incontrare musicisti, per l’ennesima volta o per la prima. Stare con loro su un palco e condividere momenti di vita, musica. E poi tutte le volte che posso viaggiare per dare concerti e avere così la possibilità di vedere il mondo.



JC: Quali sono i musicisti con cui ami collaborare?


TMR: Quelli che mi lasciano libertà e che sanno accompagnare il solo di basso, se devo farlo.



JC: Come vedi la situazione della musica in Italia?


TMR: Parlando del jazz, ambito che frequento, direi che ci sono tanti musicisti interessanti, giovani e meno giovani, che però fanno molta fatica a suonare in giro, soprattutto su palchi importanti. Chi organizza mi sembra che rischi poco. E inoltre stanno sparendo tante piccole rassegne, comunque dignitose, organizzate fino a qualche anno fa da comuni e provincie, che davano la possibilità anche a gruppi non nel novero delle star di potersi esprimere e con in più paghe decenti. Mi sembra che anche nel jazz sia sparita la classe media.



JC: E più in generale della cultura in Italia?


TMR: La cosa più triste è che si leggono pochissimi libri. Sentivo ultimamente i risultati di una ricerca sulla lettura in Italia e i dati sono sconfortanti.



JC: stai progettando a livello musicale per l’immediato futuro?


TMR: A parte cercare di suonare in solo per presentare il mio cd, sono in uscita il nuovo Cd di Piero Delle Monache e anche quello di Giancarlo Tossani con Ralph Alessi come ospite. In più sto lavorando con il mio quartetto, che esiste da circa due anni: Marco Fior alla tromba, Francesco Bianchi ai sassofoni alto e tenore, Massimo Pintori alla batteria. Mi piace molto suonare Billy Strayhorn con questo gruppo. E poi tra poco incideremo il nuovo cd di Francesca Ajmar, con un super gruppo: Riccardo Bianchi alla chitarra, Antonio Zambrini al pianoforte, Gilson Silveira alle percussioni e ospite Moacyr Luz, uno dei più grandi sambisti carioca che verrà in Italia appositamente per registrare con noi.