Rai Trade Edizioni – VRCD 000830 – 2013
Salvatore Arena: fagotto
Paolo Pavan: pianoforte
Carmine Iuvone: contrabbasso
Alessandro Marzi: batteria
Modellatosi a partire dalla rinascimentale, pittoresca dulciana lungo le due linee evolutive ottocentesche, quella del “basson” francese e quella dal “Fagott” d’area tedesca, l’infra-baritonale legno ha guadagnato una peculiare personalità in seno all’evoluzione delle compagini orchestrali: stanti la corposità timbrica nonché i limiti fisici e di scrittura dello stesso, lo strumentista deve ben acconciarsi a ruoli di supporto orchestrale (ancorché ben caratterizati) nonché, nelle posture solistiche, a surplus di espressività e, non ultima, opportuna auto-ironia.
Estremamente rara la sua emersione nell’ambito jazz, che pure ne ha visto la comparsa in formazioni di Chick Corea o Yusef Lateef, fino alle più recenti (e piuttosto suggestive) inclusioni negli ensemble di Anthony Braxton o Wayne Horwitz.
Non disponiamo, pertanto, di una sufficiente “campionatura” di modelli lungo cui identificare parametri formali di riferimento o valutazione; che la sonorità poi risalti sulle prime chioccia (o occasionalmente ingrata) è in buona parte da ascrivere alle connotazioni fisiche e alle limitate fluidità vocali dello stesso. Cos’abbiano tutte queste premesse a che fare con il presente prodotto targato RaiTrade si può in varia forma riscontrare nel lavoro del già sassofonista, e in atto praticante del robusto e inamidato strumento.
La performance in New Friday Morning guadagna immediatamente corpo fraseologico grazie alla presenza stentorea dello strumento solista, assecondato da un versatile ed efficace impianto ritmico e bilanciato dal temperato e agile pianismo, nei cui rispetti il fagotto palesa una controparte seriosa, vincolata in gravità dalle spesse fibre lignee.
L’approccio solistico non si pone affatto in urto con il lessico classico “di pertinenza” né se ne opera una revisione linguistica radicale: al di là delle oggettive ingessature e della vincolata fluenza, appare molto palese e presente la derivazione fraseologica mutuata in maggior quota dal già praticato sassofono, del quale si sceglie di esplicitare un’espressività grintosa, d’ispirazione tendenzialmente coltraniana in buona parte delle uscite, senza astenersi da curiose trovate e indugi di colore (Carlini, Like Saturday) ascrivibili all’autocoscienza dei confini espressivi e della caricaturale personalità dello strumento.
“Il fagotto si volge verso i sentieri oscuri e luminosi del jazz, scoprendo sonorità inusuali e inusitate” secondo gli intendimenti del solista e, scorrendo prevalentemente lungo un fruibile maistream ma assumendo anche l’ardimento di qualche serrata uscita free, l’inusuale proposta, ove non funga unicamente da pittoresca licenza, riesce apprezzabile almeno nella variegata alternanza di clima e trovate, cavalcando senza smaniosi eccessi ma comunque in termini curiosi una letteratura panoramica a propria firma ed innestandovi un attore di potenziale e colore da svelare ulteriormente.