Zone di Musica – ZDM 1317 – 2013
Luca Dell’Anna: pianoforte
Ivo Barbieri: contrabbasso
Israel Varela: batteria
Luca Dell’Anna offre in Mana una lettura con venature latin del classico formato del piano trio jazz in una scaletta composta da dieci brani originali e dalla celeberrima Ma mi portata al successo, tra gli altri, da Enzo Jannacci a cui viene +dedicata dal pianista. Il passo scelto da Dell’Anna rispecchia la sintesi tra energia e lirismo, tra ritmo e riflessione nell’approccio all’improvvisazione e nella cornice complessiva offerta a brani, nella scrittura e nella ricerca dell’interplay tra i tre musicisti. Sintesi utile per dare equilibrio alle diverse istanze portate nel disco e offrire loro una risposta coerente.
Le tracce scorrono sul filo del confronto tra l’animo latino – innescato dalle composizioni e corroborato dall’approccio ritmico di Israel Varela e pianistico del leader – e il linguaggio del jazz: il tutto filtrato dalla concezione europea e mediterranea di Dell’Anna e Barbieri e, se si vuole, dalla consolidata esperienza italiana del batterista. In questo senso “spirito” e “muscoli” trovano un continuo punto di incontro, così come lo trovano i mondi evocati dai temi e le suggestioni che affiorano dai vari passaggi delle improvvisazioni.
Come spiega lo stesso Dell’Anna all’interno del booklet, la parola Mana proviene dalle lingue delle popolazioni dell’Oceania e rappresenta la manifestazione del potere della divinità e le tracce affondano le radici ritmiche nelle diverse tradizioni del mondo – latinoamericane, in primo luogo, come già detto e come è evidente all’ascolto, ma anche africane, giapponesi e italiane. Il viaggio intorno al mondo si completa con una anima spirituale, con una visione universalista, tesa cioè a trovare gli elementi profondi dell’umanità, a dare corpo a sentimenti, tensioni, necessità ed emozioni presenti nel nostro essere a prescindere dalle latitudini o dalle tradizioni, come rivelano anche le ispirazioni legate a ciascun brano: il carattere di determinazione, questa la traduzione di Ketsui, o la necessità di esplorare il momento tra pensiero e azione, la trasformazione dell’energia potenziale in movimento, Ma, o l’interrogarsi riguardo la presenza di forze esteriori o superiori, Mana. Una lettura trasversale delle culture del mondo fatta attraverso una musica fondata in maniera radicale e costante sulla sintesi di elementi differenti e sulle architetture ritmiche dei vari brani.
Mana, infatti, si muove a “passo di danza”, volendo usare una sintesi estrema. E, in effetti, ogni brano, ogni passaggio, scritto o improvvisato, ogni interazione pone i suoi punti di riferimento e utilizza con attenzione le possibilità insite nei disegni ritmici tracciati , sempre presenti nello sviluppo musicale offerto degli interpreti.
Come si diceva in apertura, Dell’Anna rilegge con venature latin il classico formato del piano trio jazz: una rilettura corposa, anche muscolare e sanguigna in alcuni passaggi, quanto capace di lirismo, pervaso anche da slanci sentimentali e da una certa languidezza. Il punto di forza della trama tessuta dal pianista è proprio nel riuscire a gestire la coesistenza tra le due anime e a non fare venire meno un richiamo più nervoso nelle pagine più ariose e, viceversa, una vena melodica nelle frasi più sostenute.