Riccardo Sinigaglia & Sergio Armaroli – Tecrit

Riccardo Sinigaglia & Sergio Armaroli - Tecrit

Dodicilune Dischi – Ed321 – 2014




Riccardo Sinigaglia: santur elettrico, flauti barocchi, elettroniche

Sergio Armaroli: vibrafono, talking drum






Di acqua e di pioggia, così come di formule vicine a certi correnti anni ’80-90 – fusion, ambient e world in ovvia e prima istanza – sembrano esserne già passate un bel po’ sotto i ponti, ma non è detto che indugiarvi operosamente non esiti in qualche nuovo apprezzabile prodotto.


Variamente operanti lungo diversificate attività, anche extra-musicali, dichiarando una cultura formativa nell’insieme complessa e stratificata, che chiama in causa il patrimonio classico, i temi ebraici o le polifonie estremo-orientali, fra i molti, il duo esplicita più dichiarato ricorso a sonorità e suggestioni dell’area mediterranea e medio-orientale, vivificate da un corpo elettrico e da imbastiture piuttosto vibranti, facendovi interagire il solismo idiomaticamente jazz del vibrafono, pertinente agli apporti di Armaroli, con le soluzioni di sintesi di svariati linguaggi più prioritarie nella ricerca di Sinigaglia.


Di maggiori concitazioni e veemenze nell’eponima Tecrit o drammatiche increspature in One F Live in Loft 21, non mancano visioni dichiaratamente Ambient in Two E e Five o momenti di più tradizionale contemplazione esotica di articolata eloquenza (Three A) e, nelle partecipative formule di scambio dell’album, l’affascinante stato ibrido di una piattaforma percussivo-melodica quali il vibrafono e l’ulteriore ibridità del santur elettrico, parzialmente derivato dalle campionature dello strumento orientale, dona voce e risonanza alla dimensione del gioco e al valore dei dialoghi del duo.


Sostenuta dalla reciproca curiosità e dalla sperimentazione convergente, e in buona parte dall’esposizione dei tratti coloristici d’esotismo timbrico e preziosità cromatiche, assume vita l’operazione Tecrit, creativamente non inane né puramente velleitaria, nella quale Sinigaglia & Armaroli s’impegnano a mettere insomma del proprio, non abdicando a premure narrative e investimenti drammatici: apertamente “Ambient” nelle cornici atmosferiche e dichiaratamente levantino nei climi ispirativi, l’album è risultante di miscela delle tensioni votato alla condivisione di viaggi interiori e partecipazione dell’ascolto, in una cornice elettroacustica virtualmente incruenta e di propensione eufonica.