Giulia Barba – The Angry St. Bernard

Giulia Barba - The Angry St. Bernard

Blue Serge – BLS 054 – 2013




Giulia Barba: sax baritono, clarinetto basso

Gidon Nunes Vaz: tromba, flicorno

Christian Ferlaino: sax alto

Sri Hanuraga: pianoforte

Luca Dalpozzo: contabbasso

Joan Terol Amigó: batteria

Sanem Kalfa: voce





Giulia Barba debutta con questo disco inciso ad Amsterdam in compagnia di un gruppo di musicisti competenti, poco noti in Italia, di nazionalità diverse. Le composizioni, tutte a firma della bandleader, si distinguono per una multilateralità di indirizzo e sono valorizzate da arrangiamenti accurati, costruiti con intelligenza. Volendo cercare i modelli ispiratori si trovano, nei vari brani, elementi che fanno pensare a climi particolari riscontrabili nei dischi degli anni settanta di McCoy Tyner o di Pharoah Sanders. Si riconosce un’impronta vagamente esotica, afro-jazz negli otto pezzi, cioè, mediata, però, da un approccio europeo o italiano alla materia.


I temi vengono quasi sempre enunciati dal sax baritono o dal clarinetto basso con una voce morbida e tagliente al tempo stesso, aperta e discorsiva. I fiati non sempre fanno sezione. A volte si alternano nei compiti, lavorando su piani distinti e comunicanti, fino all’innesco degli assoli. Il pianista indonesiano Sri Hanuraga, per conto suo, si lancia in un accompagnamento ricco e sovrabbondante, ben coadiuvato da una ritmica capace di dettare al meglio i cambi di scenario e di atmosfera anche all’interno dello stesso brano. Le modifiche del tempo, infatti, sono una costante in quasi tutte le tracce. Si parte in una maniera e si arriva da tutta un’altra parte. Questo conferisce ai brani un carattere oscillante, contrastato, non definito a priori e ricorda anche il modo di intendere e sviluppare la musica da parte di Charlie Mingus, ma qui si trovano meno enfasi, meno eccitazione e si percepisce chiaramente un’attenzione notevole sull’aspetto organizzativo nel suo complesso. Giulia Barba controlla, infatti, da vicino queste situazioni, guidando il sestetto con una sorveglianza discreta, ma autorevole. Apparentemente le briglie sono piuttosto allentate per i partners, ma è solo un’impressione. Tutti lavorano per arrivare alla creazione di un jazz moderno e avanzato, reperibile in un ben determinato suono, appartenente alla cifra stilistica della capogruppo.


Il brano in solitudine Me, myself and my clari è una parentesi fra le altre tracce. La polistrumentista bolognese disegna un riff sulle note basse, ripetuto per quasi tutta la durata del pezzo. Attraverso una sovraincisione spunta fuori, a un certo punto, un intervento dello stesso clarone impegnato a crescere, a puntare in alto. Qui viene in mente il modo procedere di John Surman nei suoi album in solo degli anni settanta e ottanta.


Si sono citati diversi nobili referenti, ma non si deve per questo pensare all’opera di un’imitatrice pedissequa. La lezione dei grandi del jazz nominati viene adoperata in maniera libera e personale. The angry St.Bernard, quindi, in conclusione, si delinea come una ragguardevole prova d’esordio per una musicista in grado di imporsi come compositrice, prima che come solista e di realizzare un disco fresco (gli americani direbbero “cool”), ispirato e ben eseguito da una band di validi strumentisti, a servizio di idee solide e coerenti.