Antonio Fusco Sextet – Suite for Motian

Antonio Fusco Sextet - Suite for Motian

Parco della Musica Records – MPR 055 CD – 2014




Antonio Fusco: batteria

Francesco Chiapperini: sax alto, clarino basso, clarinetto, elettroniche

Rino De Patre: chitarra classica

Valerio Scrignoli: chitarra elettrica

Marco Taraddei: sax tenore, fagotto, EWI, elettroniche

Michele Tacchi: basso elettrico






Stante il calibro del dedicatario e la leadership a cura di un suo epigono strumentale, Suite for Motian potrebbe apparire prioritariamente incentrata sul ruolo e sulle posizioni della batteria e della percussione entro la sintassi di un discorso articolato però non unicamente su morfologie jazz: Motian di fatto “paga”, anzi più correttamente esemplifica per molti altri


«Considerato fra gli innovatori della batteria, e insieme a pochi altri colleghi – Elvin Jones, Tony Williams, Ed Blackwell, Billy Higgins e Roy Haynes – sviluppando lo strumento ben oltre la semplice, per quanto abile, funzione metronomica, Motian diviene il maestro delle sfumature coloristiche, delle dinamiche rarefatte e delle tessiture melodiche dando un contributo fondamentale nel processo di liberazione della batteria dal ruolo convenzionale e tradizionale di semplice parte della sezione ritmica.»


Tali le premesse d’approccio di un lavoro che prende il dedicatario a modello in limitate occasioni, operando in buona sostanza un dinamico refreshing di vari stilemi fusion, in realtà mai davvero decaduti nella pratica, non disconoscendosi peraltro un’ampia frequentazione della sintassi rock e rock-jazz.


Non solo Motian comunque né soltanto i grandi padri del drumming, ma anche il grande melodista Bill Evans è tratto a modello ispiratore, attingendo piuttosto a piene mani dalla sequenza del suo capitale album Waltz For Debby, il cui ben riconoscibile tema è più e più volte agito e tenuto in sospensione non soltanto come raccordo concettuale, operando anche come cangiante richiamo nelle progressioni figurative dell’assortito sestetto.


Il dinamico affresco non lesina diversificazione di stati atmosferici e figurazioni, percorso da serpiginose progressioni rhythm ‘n blues, scosse funk nonché ammiccanti soluzioni vintage: cooperano in ciò l’incisiva densità delle corde elettriche e il sognante nitore di quelle acustiche, la discorsività delle ance, naturali o elettrificate, la fluente pasta del basso, la sferzata dell’apporto energetico-coloristico delle elettroniche, nonché, come ci si attende, il lavoro abbastanza infaticabile, ma soprattutto attento alla regia di entrate ed interplay, da parte dell’operoso battitore.


Innestando nuove visuali sulla sequenza del lavoro evansiano, Suite for Motian si muove con tangibile libertà rispetto ai modelli, senza distaccarsi radicalmente dalla sequenza concettuale delle stanze dell’album, e ponendo in gioco una funzionale sintesi delle intuizioni creative da parte degli epocali batteristi.


Interrogandosi propositivamente insomma sul ruolo della percussione e dei suoi innesti ritmico-impulsivi, il lavoro non si sclerotizza in formalismi, mantenendosi su sospensioni ariose più che toccare criticità drammaturgiche: captando peraltro dal concetto di Suite la forma e i principi portanti d’alternanza e progressione umorale, l’album ne tenta e propone un aggiornamento con misura, avvicendando misurato calore partecipativo ed astrazioni figurative.