Swiss Jazz : Colin Vallon – Le Vent

Swiss Jazz : Colin Vallon - Le Vent

ECM Records – ECM 2347 – 2014




Colin Vallon: pianoforte

Patrice Moret: contrabbasso

Julian Sartorius: batteria






Sfrondando le sue linee comunicative dagli eccessi da giocoleria ritmica gradualmente ridimensionati nella sue progressione discografica, si direbbe che le speculazioni sulla forma trio da parte del giovane elvetico Colin Vallon abbiano appena toccato un punto di vincente sintesi.


Non univoci i consensi lungo la storia del trio e, pur mai dubitando del talento e della vocazione del pianista-leader, lo si poté tacciare di eccesso di curiosità stilistica ed abuso di risorse tecniche, ma la presente maturità, in via ulteriore rispetto al recedente Rruga, puntando su un’essenziale caratura di formule, grazia il presente Le Vent da riserve di velleitarietà: qualora vi si ricercasse una fluente costruzione del discorso melodico, tale aspettativa sarà nei fatti frustrata dalle limitate concessioni alla seduzione tematica – è altrove che andrà ricercata ed altrimenti si dovrà investire l’attenzione – riscontrandovi ben maggiore investimento su un’operativa sintesi dinamica, caratterizzata tra l’altro dalla partecipazione piuttosto inestricabile della percussione nella costituzione dinamica della frase.


Se l’introduttiva Juuichi è orazione tesa fondata sulle vibrazioni organiche dell’amplesso concitato delle corde e dei metalli, la formula viene ripresa nell’immediatamente successiva Immobile, di più ampie visuale ed ariosità, che ulteriormente si dilata nelle contemplative lentezze dell’eponima Le Vent, provvista di speciale nobiltà nel dichiarare senza effettismi il nucleo del messaggio melodico.


Serene onde della memoria seguitano ad avvicendarsi con melismatica fluenza in passaggi di coerente formula quali Goodbye, per rendersi ulteriormente criptiche e remote in Le Quai o Altalena, serrando la cadenza nell’enigmatica e minimale Pixels, sfilacciando il proprio respiro nelle eco sottomarine di Rouge, recidendo la vita dell’ascolto nello stato agonico di Styx e operando infine nella cristallina Coriolis una dissoluzione cosmica molto analoga in spirito e formule alle inquietanti soluzioni dell’epilogo dello svenssoniano Leucocyte.


Il gioco virtuoso di Vallon, Moret e Sartorius si esplicita insomma e decisamente per sottrazioni d’ingombro strutturale, affidando alle empatie dell’ascoltatore quanto non esplicitato e piuttosto lasciato in sospensione nei climi interiori di cui l’opera risuona per suggestioni evocative.


Certamente non un miracolo d’innovazione formale, molto ascrivendosi ai giochi modulari già condivisi da certe giovani falangi pianistiche d’Europa, ma anche e senza fatuamente osare alle soluzioni da parterre disabitato dell’Ambient Music, Le Vent può almeno dichiararsi quale compiuto elaborato di un genuino senso della Creazione, pervaso da una dimensione aerea e una riflessiva freschezza, che ringiovanisce con argenteo tocco la formula aurea del trio, contribuendo a sfrondare gli ormai monumentali stilemi riconvertendoli ad un gioco d’intese istantanee e di organica, più probabilmente atomica drammaticità.


Limpido esempio di jazz minimale, sensibile e febbrilmente creativo, Le Vent palesa una cura e insieme una sedimentata urgenza di disfarsi dagli orpelli e dalla sovrastruttura, conferendo per alchimie fluenti nuovo respiro ad un interplay di sottile tessitura, in una cornice di austerità vivida ed eleganza naturale.