Foto: la copertina de Il Dizionario del Jazz Italiano di Flavio Caprera
Nuovi libri su jazz (e oltre) per l’estate 2014
Pochi ma buoni: questo potrebbe essere lo slogan che caratterizza la vita dei libri sul jazz degli ultimi sei mesi: la prima parte dell’anno 2014 si sta concludendo con un numero esiguo di titoli pubblicati, che diventa ancor più ridotto se considerati solo i volumi strettamente jazzistici o addirittura piccolissima a giudicare la validità del testo.
Il problema dell’Italia editoriale è del resto quello ormai cronico di una Nazione che legge poco e sul jazz forse ancora meno, fatte salve le riviste cartacee e i web magazine per un discorso di informazione diretta o immediata o per la pluricodicità di offerte (le interviste filmate ad esempio). Ma il libro stampato resta purtroppo ancora un mezzo tabù per l’ascoltatore medio che, nella stagione estiva, da buon vacanziero, non si perde un concerto che la pro loco di turno organizza gratis al mare o ai monti, diventando immediatamente riottoso qualora si tratti di sganciare i dieci o venti euro per un disco o un libro (spesso venduti ai concerti stessi con soluzioni alquanto vantaggiose).
Sul perché, lungo lo Stivale, ci sia ancora tale atteggiamento il discorso è lungo e complesso: non aiuta certo la pessima eduzione musicale nelle scuole dalle materne alle università e nemmeno l’atteggiamento “emozionale” o “emotivo” che non tanto la musica induce in sé (pur restando tra i linguaggi artistici l’unico astratto) quanto ciò che le sta attorno: dal gossip mediatico al giornalismo superficiale, dalla critica mediocre a un accademismo tropo severo e autoreferenziale, tutto o quasi insomma concorre a tener lontani i grossi pubblici dal leggere qualcosa di serio o di bello sul jazz (e dintorni).
A ciò si aggiunge un’editoria a dir poco irrazionale, perché se è vero che in Italia si legge poco, è altrettanto vero che si pubblica troppo: il numero di nuovi libri che ogni anno escono (senza contare la scolastica) si aggira sui cinquantamila titoli di cui solo un centinaio entrano nel circuito delle vendite effettive. E di questi cinquantamila almeno due quinti è fuffa, così come tra i cento da hit parade i validi meno di dieci.
Lo stesso dicasi per il jazz: tuttavia i ventitré titoli prescelti per questa estate 2014 (ci sono quasi tutti i “migliori”, ne mancano un paio a causa dell’atteggiamento poco collaborativo da parte degli uffici stampa di certi editori) non sono solo da leggere sotto l’ombrellone, ma da tenersi nello zainetto, girando per concerti e festival,. Leggiucchiando tra una pausa e l’altra, fino a condividerli con amici e conoscenti o a strine free nuove amicizie proprio rinverdendo ironicamente il dantesco epiteto “galeotto fu il libro”.
Andriano Corsina, Dave Matthews Band. The DMBook, Arcana.
Bacharach Burt, Chiunque abbia un cuore, Mondadori.
Banda Osiris, Le dolenti note. Il mestiere del musicista: se lo conosci lo eviti, Ponte alle Grazie.
Caprera Flavio, Dizionario del jazz italiano, Feltrinelli.
Comandè Cinzia, Bellantuomo Roberta, Genova per noi. Zena cantautrice da Luigi Tenco a Roberto Ballerini, Arcana.
Cortázar Julio, Un certo Lucas, Sur.
Criel Gaston, Swing, Elliot.
Denti Marco (a cura di), L’uomo che visse due volte, Feltrinelli Real Cinema.
Dorr David F., Un uomo di colore in viaggio attorno al mondo, Ibis.
De Piscopo Tullio, Tempo! La mia vita, Hoepli.
Gioia Ted, La storia del jazz. Grandi storie, Siena Jazz, EDT.
Herpes Weill, New York 1973-1977. Cinque anni che hanno rivoluzionato la musica, Codice Edizioni.
Hobsbawn Eric, Storia sociale del jazz, Una rivoluzione di suoni, Res Gestae.
Mondrian Piet, Ritmi universali, Castelvecchi.
Parodi Mario, Poem Jazz Live 2012-2013. Due anni di musica e poesia al Jazz Club Torino, Genesis Editrice.
Picco Cesare, Musica nel buio, Add Editore.
Prato Paolo, Le macchine della musica. L’orchestra in casa, Rai-Eri.
Puliti Lorenzo, Il caleidoscopio musicale di George Gershwin. Una lettura di Rhapsody in Blue, Libreria Musicale, Italiana.
Ruddick Matteo, Funny Valentine. La vita di Chet Baker, Arcana Jazz.
Salvatori Dario, Il Salvatori 2014. Il dizionario della canzone, Edizioni Clichy.
Santoro Lorenzo, Musica e Politica nell’Italia unita. Dall’Illuminismo alla repubblica dei partiti, Marsilio.
Stateri Patrizia, Musica indiana. Teoria e approfondimenti da una prospettiva occidentale, Edizioni Il punto d’incontro.
Wilson Peter Niklas, Albert Ayler. Lo spirito e la rivolta, Edizioni ETS.
Zanni Giuseppe, Forcella Elio, Desaparecido in Do maggiore, Zecchini Editore.
Monografie
Tullio De Piscopo, Tempo! La mia vita, Hoepli.
La biografia del grande batterista partenopeo si fa leggere tutta d’un fiato, perché scritta con la breve e il ritmo (che non a caso da il titolo al libro) di cui è capace questo innovatore musicista sulla breccia da circa mezzo secolo, in gradi di anticipare il jazz rock all’italiana e di creare una scuola napoletana e mediterranea, di cui negli anni Ottanta godrà persino di frutti commerciali. Il testo e anche un viaggio all’interno del sound nazionale in momenti per tanti versi irripetibili.
Peter Niklas Wilson, Albert Ayler. Lo spirito e la rivolta, Edizioni ETS.
Di lui oggi si parla assai poco, molto meno di altri celebrati protagonisti della stagione free, alcuni viventi iperattivi (Ornette Coleman, Archie Shepp, Cecil Taylor), altri d a tempo scomparsi (Eric Dolphy, Sun Ra, Don Cherry). Eppure Albert Ayler In soli otto anni crea una musica originalissima che dalla rabbiosa New Thing transita verso nuove fonti espressive (recuperate dai linguaggi popolari) purtroppo bruscamente interrotte dal misterioso omicidio di cui è vittima. La biografia del musicologo tedesco e puntuale, completa, rigorosa.
Matteo Ruddick, Funny Valentine. La vita di Chet Baker, Arcana Jazz.
Finalmente un libro che fa giustizia delle tante leggerezze comparse su un jazzman moto amato dall’audience. Popolare ma che ancora fa discutere i puristi e soprattutto gli amanti della black music. Al di la delle ragioni di gusto, Chet Baker resta comunque un musicista fondamentale nella centinerai a storia jazzistica, la cui fama di ‘bello e drogato’ contornata da episodi più o meno avventori si è trasgressivi fa spesso dimenticare la sostanza musicali. Lo studioso inglese, di stanza a Honk Kong, ricostruire invece il percorso umano basandosi soprattutto su fatti culturali (dischi e concerti) in 671 fitte pagine, purtroppo incomprensibile di un indice dei nomi, indispensabili in opere anche consultive come questa.
Monografie (extra-jazz)
Lorenzo Puliti, Il caleidoscopio musicale di George Gershwin. Una lettura di Rhapsody in Blue, Libreria Musicale, Italiana
È lo stesso Gershwin a inventare la definizione “caleidoscopio musicale” per la sua Rapsodia in noi, in quanto consapevole di una necessità di apertura che non si traduce in un modello unificò, ma si matura attraverso precisi contrasti fra stili musicali (colto e popolare, jazz e sinfonico) e mediante approcci compositivo eterogenei, apparentemente in conciliabili. L’analisi storico-musicologi a dello studioso dell’amica su risulta esemplare ed esaustiva.
Marco Denti (a cura di), L’uomo che visse due volte, Feltrinelli Real Cinema.
E il libro che accompagna in un unico cofanetto il documentario Sugar Man, già abbondantemente trattato su Jazz Convention. L’agile volume sistematizza in fondo il discorso del film, cercando di inserire le vicende del cantautore di Detroit Sixto Rodriguez nei contesti in cui la sua musica risulta vicende, dagli esordi nell’alveo della scuola dei folksinger americani fino all’inaspettato successo in Sud Africa per ragioni politiche.
Burt Bacharach, Chiunque abbia un cuore, Mondadori.
«La mia vita é un canzone d’amore» scrive l’autore in copertina dell’autobiografia redatta assieme al giornalista Robert Greenfield: non solo,musica,a ma anche il privato (le donne, gli amori) nella vicenda del maggior songwriter del dopoguerra: benché “impegnato” a far soldi con il pop, Bacharach é da sempre oggetto di posti e attenzioni da parte dei jazzmen, dato che le sue canzoni ben si presta diventare autentici standard nel corso di sessant’anni di incessante attività, come racconta con sincerità ed entusiasmo nel libro.
Giuseppe Zanni, Elio Forcella, Desaparecido in Do maggiore, Zecchini Editore.
Roberto Zanni (1901-1927), chiamato il “Mozart argentino” e negli anni Venti a Buenos Aires compositore e direttore d’orchestra, che scompare di colpo in circostanze misteriose. Ora un romanzo a quattro mani ne ricostruisce la vicenda, insistendo in particolare sui motivi che portano via via alla cancellare la memoria di questo valente musicista. Il cd annesso però offre i soliti tanghi classici, anziché un saggio della sua opera. Stranamente.
Corsina Andriano, Dave Matthews Band. The DMBook, Arcana.
Pur essendo un gruppo rock – che tra quelli americani vanta successi, popolarità, grandi numeri insomma – la musica dell’ottetto (che comprende anche sassofoni e violino) sfugge a etichette o definizione, grazie alle molteplici influenze assorbite e rigenerate (jazz compreso). L’autrice, psichiatra e critico per diverse i riviste, narra la storia della DMB in un passionale coinvolgimento.
Cesare Picco, Musica nel buio, Add Editore.
Esordio giovanissimo all’insegna di Keith Jarrett, il pianista vercellese nel corso del tempo mette a punto un proprio stile pianistico, dove scrittura e improvvisazione si bilanciano perfettamente: solo in parte apparentabile alla furbesca new age dei vari Giovanni Allevi e Ludovico Einaudi, di recente Picco si dedica appunto ala musica nel buio, suonando in luoghi senza luce per far meglio risaltare le qualità percettive dell’artista e dei fruitori, come spiega in questo agile testo che risulta un po’ l’assunto teorico di quanto si ascolta dal vivo.
Storie
Eric Hobsbawn, Storia sociale del jazz, Una rivoluzione di suoni, Res Gestae.
È la ristampa anastatica di un superclassico della jazzologia: nel 1961 esce in Inghilterra il volumetto The Jazz Scene di un fantomatico Francis Newton; solo vent’anni dopo per la nuova edizione italiana (diventata anche fotografica, con diverse appendici) si scoprirà che l’autore è nientemeno che uno dei maggiori storici viventi, che usa lo pseudonimi per evitare che gli studenti dei suoi corsi lo assillino di domande su un argomento all’epoca di moda, ma che Hobsbawn con piglio sociologico restituisce a grande dignità, con osservazioni ancor oggi validissime.
Ted Gioia, La storia del jazz. Grandi storie, Siena Jazz, EDT.
Già ampiamente tratta, questa storia monumentale è l’ultima in ordine di tempo pubblicata in Italia, forse non a caso a ridosso di quelle forse più approfondite di Stefano Zenni e Alyn Shipton: ma proprio a causa della verve divulgativa (di altissimo lignaggio), l’opera di Gioia si fa leggere tutta d’un fiato: come le altre due risulta, però. Carente sull’attualità, che del resto permane come più che mai come qualcosa di troppo vasto, eteroclito, sfuggente.
Flavio Caprera, Dizionario del jazz italiano, Feltrinelli.
In ordine alfabetico dalla A di Vince Abbracciante alla Z di Aldo Zunino, sono centinaia di jazzisti del nostro Paese che vengono raccontati attraverso la puntualità di schede essenziali con dati biografici, giudizi valoriali, discografia basica. La scelta ricade soprattutto sui musicisti in attività che abbiamo un buon curriculum professionale con risvolti documentati fonograficamente: uno sforzo immane che lascerà forse delusi solo i pochi nomi mancanti (inevitabili con piena consapevolezza).
Saggi
Lorenzo Santoro, Musica e Politica nell’Italia unita. Dall’Illuminismo alla repubblica dei partiti, Marsilio.
Nel lungo capitolo finale dal titolo Musica, politica e masse. La politica musicale del Partito Comunista si documenta perfettamente il ruolo che dal dopoguerra agli anni Settanta, ossia da Togliatti a Berlinguer, la maggior formazione di sinistra assume nei confronti della musica jazz, con una strategia mutevolissima che l’Autore illustra da storico navigato.
Paolo Prato, Le macchine della musica. L’orchestra in casa, Rai-Eri.
Tra i massimi esperti in Italia dei poco accademici (in quanto trasversali) rapporti fra mass media e linguaggio sonori, il professore romano licenzia un agile mania letto (con premessa di un entusiasta Renzo Arbore) in cui viene tracciata la storia della modalità e dei sistemi in cui la musica viene replicata, ossia registrata, riprodotta, diffusa in serie lungo il Novecento e oltre grazie a un incessante sviluppo tecnologico che coinvolge pure il jazz benché i massimali beneficiaria siano il pop e il rock.
Weill Herpes, New York 1973-1977. Cinque anni che hanno rivoluzionato la musica, Codice Edizioni.
La Grande Mela agli inizi dei Seventies tocca il fondo in quanto a vita sociale con un altissimo tasso criminale. Eppure proprio da crisi ed emergenze si sviluppa un’area creativa che forse non ha paragoni nella storia di quanto avviene prima e dopo nella metropoli americana per eccellenza: si pensa subito al punk, al glam, ai nuovi cantautori, ma ci sono anche la creative music, il jazzrock, la salsa, l’hip-Hoepli, il minimalismo, da Braxton a Rivers, da Glass ai Fania All Stars, tutto qui egregiamente documentato.
Teorie
Piet Mondrian, Ritmi universali, Castelvecchi.
Il grande artista olandese, fondatore di De Stijl e genio dell’asta rattizzi geometrico, durante il soggiorno newyorchese, affascinato dai grattacieli e dallo swing, dedica al boogie alcuni celebri quadri. Ma già vent’anni prima resta affascinato dall’hot jazz (come dal rumorismo futurista) dedicandogli alcune eloquenti paginette, in cui paragona i ritmi del suo neoplasticismo a quelli dei neri d’America.
Gaston Criel, Swing, Elliot.
Il celebre scrittore francese (1913-1990) mentre negli anni di guerra e rinchiuso in carcere dai nazisti ha il tempo per scrivere un poetico gustoso pamphlet a favore del jazz (da lui conosciuto già un ventennio prima) terminando con sei poesie in tema. Assieme a Cocteau, Delaunay, Vian, Queneau, Michaux, Perec (e sul versante musicale Panassié) tra i grandi intellettuali francesi a serie di jazz in tempi non sospetti, intuendo per primi nella musica americana la grande e forse unica novità del XX secolo.
Letteratura
Julio Cortázar, Un certo Lucas, Sur.
Il maggior scrittore argentino (1914-1984) assieme a Jorge Luis Borges, è da sempre appassionato di jazz, che viene a galla in uno dei racconti più belli, Il persecutore, su un’immaginaria vicenda tra Charlie Parker e Miles Davis. In questo testo postumo, tra saggio, romanzo, autobiografia, i riferimenti alla musica afroamericana sono sparsi qua e là, mentre in u paio di capitoli emergono anche i gusti dell’autore.
Mario Parodi, Poem Jazz Live 2012-2013. Due anni di musica e poesia al Jazz Club Torino’, Genesis Editrice.
L’esperimento è curioso e interessante: per circa due anni il noto scrittore torinese non si perde un concerto al locale jazz club, dove di proposito si impegna a scrivere ogni volta una lirica nel momento dell’esibizione dei musicisti, ispirandosi vi via a ricordi, confronti, suggestioni. Le poesie quindi sono in questo volume riunite e anticipate da un commento in prosa a ciascuna serata.
Banda Osiris, Le dolenti note. Il mestiere del musicista: se lo conosci lo eviti, Ponte alle Grazie
Il quartetto vercellese e l’unico esempio di teatro comico musicale che tra l’altro in diverse occasione, come in Giarda che è l’una (lo spettacolo su Fred Buscaglione) riesce a flirtare con il jazz, avendo con e ospiti solisti del calibro di Rava e Bollani (quest’ultimo assieme a loro anche in Xxx). N’è libro si parla in tono scherzoso, buffo, impertinente dei modus vivendi di compositi e intelletti con un divertente capitolo sui bluesman e tante altre ironiche citazioni.
Affinità
Cinzia Comandè, Roberta Bellantuomo, Genova per noi. Zena cantautrice da Luigi Tenco a Roberto Ballerini, Arcana.
La cosiddetta scuola genovese – soprattutto nei primi anni Sessanta con Lauzi, Paoli, Bindi, Tenco, De André – vanta forti legami con il jazz, benché nel libro – pur documentatissimo quest’aspetto non compaia, preferendo insistere sulla storia della forma-canzone; e anche quando ala fine si parla della nuova musica del capoluogo ligure – sede fra l’altro di uno dei pochi Musei del Jazz al mondo – si parla di rock e di rap ma non di blues, swing, dixieland che sotto la Lanterna da decenni ormai trovano un’ottima accoglienza.
Dario Salvatori, Il Salvatori 2014. Il dizionario della canzone, Edizioni Clichy.
L’autore è un personaggio mediatico alla Renzo Arbore, di cui differisce per non essere musicista e ‘chiudersi’ esclusivamente nella critica; al di la della personale estroversione, l’autore, quando scrive, e serio e documentato e il suo dizionario si avviata a essere un cult editoriale pari al Morandini del cinema o al Gentile del rock. Può servire agli amanti del jazz perché tra le migliaia di canzoni raccolte e commentata vi sono sia standard sia autentici jazz song, la cui fortuna popolare li rende degni di apparire in un vocabolario esteso comunque all’intero Novecento sino ai giorno nostri.
Patrizia Stateri, Musica indiana. Teoria e approfondimenti da una prospettiva occidentale, Edizioni Il punto d’incontro.
Dagli anni Sessanta la musica indiana entra nei gusti pop delle nuove generazioni, ad esempio con un Ravi Shankar suona il sitar ai mega raduni rock. Viceversa i giovani accolgono diversi stilemi orientali nel nuovo sound che va dal jazz (coltrone) al rock (Beatles). Ma cosa è veramente la musica indiana: lo spiega con piglio educativo, sociologico, ma anche so fermandosi sugli aspetti tecnico-musicologici una valente esperta che alla fine del libro cita anche tutti i compositori e i freemen vicini spiritualmente.
David F. Dorr, Un uomo di colore in viaggio attorno al mondo, Ibis.
È fondamentale conoscere tutto ciò che, per iscritto e attraverso fotografie e pitture, documenta la vita nei neri negli Stati Uniti per studiare come dallo schiavismo siano nati gospel, blues, ragtime, jazz, ovvero la grande musica afroamericana. E il diario di viaggio (pubblicato in origine nel 1858) di questo schiavo tiene, obbligato dal suo padrone con il quale, in nave, in treno, in carrozza, girando assieme a lui l’Europa, il Nord Africa e il Medio Oriente, mostra una nuova sensibilità rispetto alle tradizioni bianche.