Tenor Exit, l’opera prima di Stefano Sernagiotto

Foto: la copertina del disco










Tenor Exit, l’opera prima di Stefano Sernagiotto.


Stefano Sernagiotto, giovane e intraprendente sassofonista, si è presentato sulla scena jazz italiana con Tenor Exit, suo primo disco realizzato in trio con Luca Garlascelli al contrabbasso e Massimo Pintori alla batteria. Sernagiotto, con Tenor Exit, ha dimostrato di avere coraggio, suonando e improvvisando avendo come unico supporto una struttura ritmica essenziale e d’esperienza. Sassofonista dal suono caldo e materico, si è buttato a capofitto nel mondo di Rollins e Coltrane senza imitarli ma avendoli come punto di riferimento nelle sue sortite esecutive, e dimostrando, così, di avere carattere e ampi margini di crescita artistica.



Jazz Convention: Chi è Stefano Sernagiotto e come nasce la passione per il jazz?


Stefano Sernagiotto: Mi sono in innamorato del jazz a diciotto anni ascoltando un sassofonista in strada. Subito dopo ho ricevuto una cassetta di Sonny Rollins, e come tanti musicisti è stato amore a primo ascolto. Ho incominciato a studiare il sax tenore, ascoltando Rollins, Coltrane e Brecker principalmente, poi Stan Getz, Bob Berg ed altri. Sono questi i miei principali maestri. Negli ultimi anni ho aggiunto ai maestri, anche Joe Henderson e Branford Marsalis e tantissimi trombettisti, pianisti, contrabbassisti e batteristi, troppi da nominare…



JC: Il tuo primo disco, autoprodotto, s’intitola Tenor Exit. Cosa sta a significare?


SS: Il titolo riprende Tenor Madness di Sonny Rollins. Ho inserito Exit in quanto ho abbandonato il jazz (soprattutto lo studio dello strumento) per dieci anni, e questo disco ha sancito l’uscita dalla “crisi” musicale e il mio ritorno allo studio e ascolto giornaliero del jazz.



JC: Il lavoro è in trio e ti spalleggiano al contrabbasso e alla batteria due pesi massimi come Luca Garlaschelli e Massimo Pintori. Raccontaci di questa collaborazione….


SS: Ho trovato il piacere di suonare in trio senza piano, che è un modo molto libero di improvvisare, ma che comporta grande preparazione armonica e ritmica dei pezzi. Con Luca e Massimo abbiamo cominciato a collaborare facendo delle serate insieme. Ci siamo accorti, oltre a divertirci, che riuscivamo a eseguire dei pezzi stravolgendoli ritmicamente, prendendo “strane” strade, senza fare troppa fatica. Garlaschelli e Pintori sono due musicisti molto esperti e mi hanno trasmesso idee e consigli. Mi sono divertito molto a suonare con loro due e a progettare il disco, che abbiamo portato in giro e venduto per quasi un anno.



JC: In Tenor Exit, composto di nove brani, suoni otto standard. Perché hai scelto di suonare solo standard? Qual è il tuo punto di vista verso questo tipo di pezzi?


SS: In realtà Tenor Exit è un mio personale tributo a Sonny Rollins e a John Coltrane, che sono i primi due pilastri della mia grande passione per il jazz. I pezzi scelti, più che standard, sono delle versioni originali che i due autori hanno dato a degli standard, tranne Syeeda’s song flute che è un brano proprio di Coltrane.



JC: Garlaschelli ti ha dedicato Mr. Serna…


SS: Poi c’è Mr Serna! che è una dedica di un contrabbassista ad un sassofonista (come all’opposto fece Trane per Paul Chambers). Mi ha fatto molto piacere il significato della dedica di Luca, oltre ad essere un bellissimo pezzo stile Impressions.



JC: Hai già in mente il tuo prossimo disco? Conterà inediti?


SS: Si ho già in mente il mio prossimo disco, almeno nelle idee, e ci saranno brani composti da me, due dei quali ho già suonato dal vivo, e sembrano avere ‘presa”! Ritornando a suonare da quasi quattro anni, mi sono avvicinato per la prima volta alla composizione. Mi dicono che sono molto “Monkiano”: un bel complimento direi. Poi vedremo cosa uscirà…