JazzUp. La strada polivalente del festival

Foto: Jazzup Archivio










JazzUp. La strada polivalente del festival


Dopo la giornata viterbese trascorsa al JazzUp @ Caffeina nello scorso mese di luglio, abbiamo chiacchierato Giancarlo Necciari per farci raccontare il percorso di una manifestazione alquanto fuori dagli schemi, siano essi artistici, disciplinari o territoriali. Il festival nasce, appunto, a Viterbo e porta la dicitura “jazz” nel titolo, ma poi negli anni ha ospitato forme d’arte diverse ed ha creato appendici e “dépendances” in luoghi anche lontani dal Lazio, come quest’anno con le giornate organizzate a Martina Franca.



Jazz Convention: Possiamo cominciare con una domanda paradossale? Cos’è JazzUp? Negli anni avete sempre cercato di fare in modo che potesse non essere solamente un festival di jazz…


Giancarlo Necciari: Si, l’analisi è giusta! In realtà, noi del team amiamo definirlo letteralmente come “Un festival sopra il jazz”. La polivalenza è, infatti, una delle caratteristiche più forti del contenitore, costantemente indirizza verso dimensioni innovative e spesso inesplorate. Si mescolano così alla musica, le altre espressioni artistiche, le stesse, come in un canovaccio teatrale, hanno modo di rigenerarsi, innescando l’entusiasmo e il coinvolgimento del pubblico. La festa di chiusura della prima fase della manifestazione, in scena il 6 luglio a Viterbo a Piazza del Gesù, ha rappresentato tutto questo. Ricordo l’incontro in chiave letteraria sulla musica di Charles Mingus, che tu stesso hai condotto e frutto del notevole impegno dell’organista, musicologo e pianista e compositore Donatello D’Attoma. L’espressività cinematografica di Ivan Saudelli, descritta attraverso l’intervista a questo giovane regista, conclusa dopo la proiezione del suo cortometraggio Icaro. Lo spessore live nel jazz di Roberto Ottaviano & Pinturas. Il sostegno al folklore locale, in simbiosi con la zona della Puglia interessata dal festival. La folta delegazione di maschere del Carnevale del Brigantino, giunta per l’occasione, addirittura guidata dal Sindaco di Crispiano (600Km distante), che ha brillato per i contenuti, la voglia e lo spirito di promozione. Infine l’enogastronomia, cornice di tutti gli eventi. Una piacevole costante pensata per i turisti: ritrovarsi sotto il palco a degustare i prodotti del luogo per assaporare il valore di uno dei centri storici più interessanti d’Italia. Anch’essa un iniziativa attiva ogni sera, attraverso la partecipazione ai pacchetti turistici della rete Welcome in Tuscia in collaborazione con la Camera di Commercio di Viterbo. Tutto questo in un tempo di quattro ore! Come hai potuto vedere, la folta platea dei nostri appassionati, non solo in quest’occasione, ma nel corso di questi nove anni, ha sempre dimostrato di apprezzare questo modo diverso di programmare. La curiosità della gente è per noi una traccia di lavoro, con essa, preminente diventa la voglia di sorprendere e di confezionare quadri visivi e sonori impensabili per festival più tradizionali e/o monotematici. Noi il pubblico lo consideriamo un elemento del team! Ricordo a riguardo, che il ns seguitissimo viral sul web di quest’anno è stato: «Il JazzUp sono io!», espressione del concetto che il festival è un bene comune, il festival è di tutti! Nello stesso tempo, anche la finalizzazione di un percorso “paradossale”, come tu dici, e che può essere letto anche capovolto: Qualità, condivisione e voglia di esserci… ecco, tutto questo è il JazzUp.



JC: La scelta della multidisciplinarietà com’è nata?


GN: L’idea di creare un’identità forte, tale da individuare in maniera inequivocabile la natura del nostro festival, è stata spinta soprattutto dalla voglia di distinguersi. Il modello che abbiamo cercato di raggiungere, non senza prima aver avuto prima un dibattito all’interno della nostra associazione, parte dalla consapevolezza di raggiungere la necessaria coerenza di un progetto destinato a una collettività, un territorio: materia molto delicata e assolutamente meritevole di ampie riflessioni e analisi profonde. Si è partiti non dalla situazione della Tuscia e la sua relativa offerta culturale, come si poteva presupporre, ma dai luoghi a noi più noti, dove la “cultura-spettacolo” fosse presente costantemente, dodici mesi l’anno, e dove le variabili legate all’audience avessero segno positivo e quindi, un peso indicativo. Temi questi, trattati anche nell’ultimo confortante incontro avuto con il neo deputato europeo Goffredo Bettini, tra i fondatori del magico ambiente dell’Auditorium Parco della Musica di Roma. Come per tali latitudini, si è cercato per quanto possibile, di ricreare un humus di questo tipo, applicando in parte gli stessi criteri nella formulazione dei palinsesti, valorizzando l’ambiente naturale dove gli eventi erano poi proposti. È indubbio poi, che la forte personalità di validi professionisti come Carlo Puglisi Alibrandi, Valerio Ventura, Silvia Jacopini, Sergio Coppi, Mariangela Tripiedi, Michele Furci e Francesca Ovidi, da anni volontariamente impegnati nel team, ognuno nel proprio settore e secondo il rispettivo profilo, ha fatto poi il resto.



JC: Un partner importante in questo senso è Caffeina. Questo è un periodo di crisi. Quanto queste scelte nascono in maniera, diciamo, autonoma, e quante mosse della crisi? Sempre che non vadano a inficiare le casse della rassegna…


GN: Per risponderti efficacemente, farei una panoramica della nostra attuale situazione: Abbiamo ormai nove edizioni alle spalle, con oltre trecento appuntamenti realizzati, tra concerti, presentazioni, mostre, proiezioni. Pochissimi di questi – anche se possiamo vantarci di avere avuto nomi come Billy Cobham, Richard Galliano, Raphael Gualazzi, Pupi Avati, Gino Paoli, Enrico Rava, Antonella Ruggiero, Fabio Concato, Sergio Caputo, Rocco Papaleo e tanti altri – sono stati gli eventi JazzUp a pagamento. Se il festival è giustamente considerato un contenitore culturale, è anche vero che il cordone ombelicale che ci lega dal 2006 alle Istituzioni, è stranamente sempre stato sottile e poco consistente in termini di contributi concessi. Non voglio dire che gli aiuti non ci siano stati, ma solo che, vista la continuità della nostra offerta, riteniamo di poter avere maggiori aspettative a riguardo. Tra l’altro, il nostro operato è indirizzato ad assicurare anche risorse dal privato. Una parte significativa di esse, infatti, è ora fornita dai soci – grandi amici e imprenditori come Carlo Puglisi Alibrandi (ora anche Direttore Esecutivo del festival), Ferdinando Guglielmotti, Tiziana Governatori ed altri – che più volte hanno salvato le sorti della rassegna. Con questi problemi costantemente presenti, si è pensato allora di percorrere strade in cui tutte le energie disponibili potessero essere capitalizzate e sfruttate fino all’osso. L’unione con Caffeina è sembrata l’unica via da percorrere, e, come nel passato con altri soggetti, l’anno scorso è nata la collaborazione con questo importante festival letterario. Un sodalizio che, anche se non definitivamente superate certe difficoltà, ha portato a un forte contenimento dei costi di produzione e a maggiori risultati in termini di audience. Una sinergia che giova sicuramente a tutto l’ambiente viterbese, che rafforza il concetto di cultura intesa come volano economico di questo territorio. In altri termini: Viterbo è la città capoluogo di provincia, ed è il vero elemento coagulante. Gli spazi del centro urbano, una “condicio sine qua non”. Con una programmazione corposa, Caffeina e JazzUp assicurano centinaia di appuntamenti. La città gode dell’unione di questi due importanti festival e ha, ora, la chance di potersi affermare in Europa come epicentro italiano del turismo culturale, una preziosa risorsa per questi luoghi. Non dimentichiamo poi che l’analisi congiunturale è davvero spietata: siamo in piena crisi economica, con aziende in grande difficoltà, enti che stanziano pochissimo, istituzioni con progetti a volte stravaganti e strategie sempre poco efficaci. Risultato? Che la sola strada percorribile è quella della coproduzione e della continua ricerca di profonde sinergie tra i soggetti interessati. Una strada non sempre facile da percorrere già all’inizio di questa edizione, abbiamo ritenuto necessario esprimere con molta energia, concetti e indicazioni per una più accurata distribuzione di risorse pubbliche e suggerire agli addetti ai lavori strade per risolvere problemi non più rinviabili. È nato un momento di confronto con le istituzioni locali, dai toni anche molto aspri, e che in mancanza di efficaci e fattive risposte, riteniamo sarà una costante rilevabile anche durante i prossimi mesi. Ad ogni modo, ed è ormai un indirizzo acquisito, il palinsesto del festival l’anno prossimo sarà segnato da una maggiore presenza di eventi a pagamento, richieste che formuleremo con accortezza ma sempre più con maggior frequenza a un pubblico che da sempre ci ha sostenuto e ha apprezzato nelle nostre scelte. Più in generale, pensiamo di poter sposare il pensiero comune per cui la cultura potrà effettivamente cambiare le sorti di questo paese. È necessario ci sia lo sforzo della società intera, l’impegno comune nel comprendere che questa straordinaria nuova opportunità economica, nasce e vive anche dalla consapevolezza di tutti, proprio tutti i cittadini italiani, ancor prima di essere il nostro pubblico dei concerti.



JC: Nello specifico, quali sono state le linee guida della direzione artistica per l’edizione 2014? In particolare per quello che riguarda la scelta dei gruppi che hanno costituito il programma jazzistico.


GN: In generale, uno degli indirizzi che più mi stava a cuore, mirava a creare una comunità solidale d’impegno territoriale tra l’organizzazione e i musicisti del luogo. Un festival per esser tale deve coinvolgere ed operare anche per sanare certe distanze ed incomprensioni che spesso in passato sono state rilevate, specialmente con i jazzisti. Ogni pomeriggio, si aprivano così i concerti, con le formazioni locali più interessanti. Ragazzi che avessero qualcosa da trasmettere anche solo in termini di valore di condivisione. Le parole di stima e considerazione sul ns profilo facebook, testimoniano che l’idea ha funzionato, e solo l’invito a partecipare rivolto alle scuole musicali è andato disatteso. Per quanto riguarda nello specifico il jazz, nel programma serale si è scelto di prediligere e sostenere progetti basati su diversi modi di intendere la performance live. In primis l’interesse internazionale del progetto, ma anche l’espressività di tipo unplugged, atmosfere intriganti e piene di pathos, come nel caso di Ombu di Lalo Zanelli. Il pianista argentino, già Gotan Project, ha interpretato questo concetto: un concerto dove il jazz è il collante naturale della surreale eccellenza evocata nella danza, dal tango, l’habanera e la milonga. Così come da incorniciare, la scelta di inserire il giovane talento canadese di origini haitiane Jowee Omicil, per verificare la valenza del suo show completamente diverso: ritmi frenetici, coinvolgimento totale per il pubblico, massima cura nella dinamica del suono, un fattore molto alto di capacità tecniche e artistiche dei musicisti coinvolti. Non ho nessuna difficoltà nell’esprimere una valutazione sulla line up che a me è sembrata stellare. Infine, l’originalità di proporre diversi modi di intendere il jazz, proponendo una maggior conoscenza dei suoi protagonisti. Come nella rubrica musica e parole. Una sorta d’incontro-concerto, realizzato dal trio americano del pianista Greg Burk, rispettivamente con il sassofonista Pietro Tonolo – ci è rimasta impressa la citazione di quest’ultimo da Democrito, «La cultura regge l’universo» – e poi con il flautista Nicola Stilo. E infine la superba prova offerta dal maestro Roberto Ottaviano e il suo gruppo Pinturas, formazione che dall’alto dell’esperienza del sassofonista pugliese, ha regalato quanto di più bello può esserci nell’arte di suonare il jazz.



JC: JazzUp negli anni ha anche promosso e prodotto attività collaterali che hanno portato il festival fuori dal contesto viterbese e dalla stagione estiva. C’è stata anche l'”esportazione” del festival in Puglia… come è stata architettata questa avventura e come è andata?


GN: L’idea del ponte culturale con la Valle d’Itria è nata attraverso la collaborazione con Carla Fiore, il Presidente dell’Associazione Culturale Novapulia di Taranto. Con il suo grande aiuto, è partita alla fine dell’edizione del 2013, l’idea di portare il festival nel territorio di Martina Franca, proprio nel cuore dell’area dei rinomati Trulli. Abbiamo pensato che le due zone fossero simili per la presenza di importanti insediamenti di popoli affascinanti, come gli Etruschi e i Messapi, vicine anche nella tradizione contemporanea della ceramica, ma poi la convinzione forse più giusta, che sono due territori meravigliosi, che hanno voglia di crescere e di offrire sempre di più le rispettive eccellenze. D’altro canto, la Puglia negli ultimi anni, sta egregiamente rappresentando uno dei brand italiani più gettonati e l’idea di confrontarsi a queste latitudini ha stuzzicato non poco tutto il team, affascinato dalla voglia di visitare una regione che ha sempre espresso grandi personalità, sia in campo scientifico che artistico. Alla luce della bella accoglienza ricevuta delle istituzioni locali, da sottolineare che Antonio Scialpi, Assessore alla cultura del Comune di Martina Franca ha seguito tutti i nostri appuntamenti, e del grande successo di pubblico, l’invito che mi preme lanciare a tutti i lettori è quello di dire: «Andate e scoprite voi stessi il motivo di questa scelta!».



JC: II vostro è uno di quei festival che collaborano con altri festival, concorsi, realtà del territorio. Credo sia una delle chiavi per il futuro: qual è il tuo punto di vista?


GN: Potrei evidenziare l’efficace riduzione di alcuni costi nell’economia organizzativa della manifestazione, per giustificare un mio naturale atteggiamento positivo verso queste soluzioni. La collaborazione, se partecipata con forza, accende la passione e diventa forza dirompente, capace di raggiungere qualsiasi obiettivo. Sono quindi fermamente convinto che congiuntamente agli sforzi organizzativi unilaterali, si debba assolutamente trovare anche una dimensione di partnership con altri soggetti impegnati sul campo. Se sei un festival musicale, puoi sicuramente ipotizzare una fusione in un progetto originale, straordinariamente più avvincente, che magari interessi il mondo del cinema o dell’arte contemporanea, e così via. Oltre alle positive ed attuali analisi già fatte per Caffeina, posso citare in passato alcune nostre collaborazioni che hanno creato notevole eccellenza artistica, come nel caso del Pinocchio Jazz, frutto del sodalizio con il Teatro Ricerche di Tuscania, o ai più recenti incontri letterari realizzati con la Fondazione Lelio Luttazzi, o ancora con la realizzazione di Be Strong, la sigla del JazzUp, brano composto da Greg Burk e cantato da Viviana Ullo, una delle giovani scoperte del festival, risultante da una concreta attività con i docenti e gli alunni del Conservatorio Licinio Refice di Frosinone, ribadita, infine, nel progetto Game, del compositore, pianista e docente Alberto Giraldi, progetto presentato a Viterbo ma anche in programma il nove settembre all’Auditorium di Roma.



JC: Quali sono gli obiettivi delle prossime iniziative?


GN: Continuare nel processo di valorizzazione della Tuscia, con la seconda mostra fotografica del maestro Sergio Coppi, il nostro direttore delle fotografia. Dopo la bellissima “Vapori e visioni”, dedicata al termalismo di Viterbo, sostenuta dall’Hotel Salus Terme, ci occuperemo della natura dei Monti Cimini, un’area tutelata da una riserva naturale regionale e che merita tutta la nostra attenzione, coinvolgendo un’altra struttura dove la mostra sarà permanente. Inoltre, attraverso le stesse modalità, vogliamo impreziosire anche il peso specifico delle attività commerciali che ci sostengono, vedi i quadri immagine ultimamente realizzati per la rete Enerpetroli. Questo materiale fotografico, apprezzatissimo durante la nostra permanenza in Puglia, sarà un ulteriore motivo di interesse nei prossimi ambiti in cui impegneremo la nostra capacità organizzativa, in particolare nella nuova collaborazione con il festival Ah-Um di Milano, uno dei più prestigiosi dell’area lombarda, che si terrà nel quartiere Isola la terza settimana di maggio. Stiamo lavorando con Antonio Ribatti, il direttore artistico della manifestazione, che durante la sua visita a Viterbo agli inizi di luglio, ha espresso la volontà di creare una connessione e uno scambio reciproco tra i due festival, in vista della straordinaria vetrina dell’Expo 2015. Inoltre, per i suoi dieci anni di vita, novità anche sul fronte della composizione del team, con nuove prestigiose figure che andranno ad affiancare il mio lavoro alla direzione artistica. Il JazzUp ha fame di crescita! Saluto i lettori con un ringraziamento particolare a te Fabio, per questa possibilità che ci hai dato nel far comprendere meglio cosa c’è dietro il nostro lavoro.



Segui Fabio Ciminiera su Twitter: @fabiociminiera