Trio 3 + Vijay Iyer – Wiring

Trio 3 + Vijay Iyer - Wiring

Intakt Records – CD 233 – 2014




Oliver Lake: sax alto

Reggie Workman: contrabbasso

Andrew Cyrille: batteria

Vijay Iyer: pianoforte





Ennesimo capitolo della turnazione in estemporaneo quartetto del glorioso Trio 3, che nelle sue quadrature pianistiche continua ad incorporare personalità di varia eccellenza, or arruolando appena dopo la grande ospitata di Jason Moran (Refraction – Breakin’ Glass, 2013) il sempre più apprezzabile musicista indiano, parallelamente impegnato a donarci le inedite ricerche dello speculativo Mutations (ECM, 2014).


Aprendosi sulle tensioni immediatamente pulsanti della spiritata The Prowl (a firma di Iyer), dilagando lungo le belligeranti asprezze proto-free in Synapse II e Shave, le sensibili e volute pianistiche in apertura di Willow Song, un esteso passaggio di meditazione armonica nella Suite for Travyon (and Thousands more) di temperato spirito polemico post-bop, così come la sghemba, eponima Wiring, gli incombenti umori african-american della collettiva e sospesa Rosmarie, la vivida e apparentemente più bilanciata Chiara, il tutto converge, ma con logica relativamente anarchica, verso il catartico e incontenibile drum-solo, limpido e africanista, nella concitata e teatrante Tribute to Bu.


L’instancabile forgia, tra martelli e incudini, di Andrew Cyrille, il sapiente contrappunto ritmico-contromelodico di Reggie Workman, l’acidula e torrenziale loquela dell’ancia contralto di Oliver Lake sfociano nei flussi laminari e insieme turbolenti delle collettive stanze incontrandovi le armonizzazioni indocili e l’interventismo corposo di Vijay Iyer, solista umbratile e post-impressionista, di sonorità acquarellata ma di tono spesso plumbeo e presenza marcata: l’operazione, forte com’è ovvio dell’ineludibile intreccio di personalità così spiccate, segna tra i punti d’interesse il mantenersi entro un soundscape relativamente grezzo e non ben levigato, prescindendo da alcuni tangibili caratteri quali le asprezze di bilanciamento, apparentemente irrisolto, tra le forze percussive di tamburi e tastiera, e il margine di libertà comunque tenuto alto dai partecipanti, mantenendo una naturalezza da rodaggio live .


L’evento conferma dunque le entusiasmanti presenze di casting, rinunciando a farsi lezione (pur possedendone il temperamento) a favore del proprio carattere di impulsiva testimonianza circa non soltanto lo stato dell’arte, ma sulla voglia di partecipare e cimentarsi sul campo e soprattutto nell’agone del jazz.



www.intaktrec.ch/player_intakt233.html