Beppe Zorzella Quartet – CHETime

Beppe Zorzella Quartet - CHETime

Azzurra Music – TBP11474 – 2008




Beppe Zorzella: tromba

Danilo Memoli: piano

Luca Pisani: contrabbasso

Gianni Cazzola: batteria






Questo è il miglior modo di celebrare il ventennale della morte del grande Chesney “Chet” Baker, il grande trombettista (e cantante) americano tragicamente scomparso il 13 maggio del 1988, in circostanze, ancora, non del tutto chiar(it)e : dedicargli un signor disco, come questo; denso, magnifico come CHETime del Beppe Zorzella Quartet, gruppo che annovera oltre al leader alla tromba, il dinamico e “groovoso” Danilo Memoli al piano, Luca Pisani al contrabbasso e “Mr. Seventy” Gianni Cazzola a tamburi & piatti. Sì, perché il lirismo di Baker viene reso al massimo da un combo molto coeso, swingante e di congrua levità (scusate l’ossimoro).


Si parte con la morbida When lights are low, vero e proprio manifesto “intenzionale” del gruppo: vellutate frasi melodiche della tromba ed elegante e rilassata presenza della ritmica, con un Memoli particolarmente leggiadro. Prologo per l’ellingtoniana I let a song go out of my heart in cui Zorzella rende pienamente omaggio a quella scuola trombettistica che ha in Chet (ed Art Farmer) i suoi più luminosi esempi. Bello nel finale l’assolo hamiltoniano (già!) di Cazzola. Estate di Bruno Martino, che migliaia di volte avevamo avidamente ascoltato dalla tromba di Chet in versioni sempre nuove, acquista in questa rielaborazione nuovo vigore grazie ad un impianto armonico variegato e contrappuntistico di ascendenza modale che Memoli e Pisani provvedono a fornire con indubbia classe.


Si torna ai vecchi fasti “west coast” in Del Sasser, con il pianista che ci restituisce porzioni abbondanti di Hampton Hawes ed il trombettista che omaggia più Jack Sheldon che Baker. Ma chi se ne frega: è grande jazz. Cazzola pungola tutto il brano col suo fraseggio enciclopedico in cui il magistero di Manne, di Levey, di Hamilton e di Lewis esce con rara classe, specialmente nei centrali “eights” tra il leader e il pianoforte.


Due i capolavori di Jerome Kern qui proposti: I’m old fashioned e Long ago and far away. Il primo molto ‘Leroy Vinnegar Quintet Style”, il secondo con un impianto quasi mulliganiano. In entrambi i casi tromba melodicissima e seducente e ritmica vaporosa. Memoli come Hank Jones, Pisani solido alla George Duvivier e “Mr. Seventy” tra Grady Tate e Frank Butler. Bellissimi.


Si torna al mondo del Duca, con Isfahan di Billy Strayhorn, eseguita solo dalla sezione ritmica. Ellingtoniana negli intenti e nella sostanza. Bello l’assolo “blantoniano” di Pisani con evidenti riferimenti alla lezione di Chambers.


Agile e swingante, invece, si presenta Blues for Paola di Pisani, ancora con Memoli in evidenza. Ma i tòpoi dove Zorzella dispiega tutta la sua sapidità melodica e limpida rotondità (categoria sia geometrica che della memoria, dove si rammenta un tale che di nome fa Nunzio) di fraseggio sono la mitica Polkadots and Moonbeams di Jimmy Van Heusen e l’altrettanto classica The Night has a thousand eyes.


Si termina con la rollinsiana Doxy, vero e proprio showcase del gruppo, che pur partendo westcoastiana arriva assai messengersiana, vera e propria somma di blues feeling e swing.


Disco riuscito: da qualche remoto angolo di Universo, Chesney H. Baker, da Yale, Oklahoma, l’indimenticato Chet, con beffardo sorriso annuisce divertito per l’omaggio.