Slideshow. Marco Locurcio

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Slideshow. Marco Locurcio



Jazz Convention: Così, a bruciapelo chi è Marco Locurcio?


Marco Locurcio: Sono musicista, vivo attualmente Bruxelles dove collaboro come chitarrista, compositore e produttore in diversi progetti con parecchi gruppi ed artisti. Ho registrato cinque dischi a mio nome, l’ultimo La boucle è uscito quest’anno per Jatitude Records.



JC: Ci parli del tuo nuovo disco?


ML: Il mio nuovo disco nasce dalla voglia di creare di nuovo un progetto completamente personale (L’ultimo disco a mio nome risale a parecchi anni fa). Dopo aver collaborato con numerosi artisti, ho sentito l’esigenza di mettermi di nuovo alla prova in prima persona. Le composizioni si basano su delle melodie semplici e delle armonie che si avvicinano spesso a quelle del pop o del folk. Credo e spero che sia un disco abbastanza accessibile a tutti.



JC: Ci racconti ora il primo ricordo che hai della musica?


ML: Il primo ricordo risale all’infanzia, dovevo avere cinque anni. Mi ricordo che avevamo ricevuto per posta un 45 giri promozionale fatto di plastica con un brano di Elvis. Appena mia madre lo mise sul giradischi ci fu una reazione incredibile da parte mia e dei miei fratelli, degna delle “groupie” più scatenate. Anche se oggi non sono di certo il primo a buttarmi sulla pista da ballo credo davvero di aver dato il massimo quel giorno. E anche il primo ricordo che ho del suono della chitarra elettrica!



JC: Quali sono i motivi che ti hanno spinto a diventare un musicista jazz?


ML: Penso che nasca tutto dall’amore per l’improvvisazione, dal piacere che mi crea l’ascolto e soprattutto al divertimento che mi procura quando la pratico. Da bambino ho imparato le prime posizioni delle scale pentatoniche che mi permettevano di divertirmi improvvisando sui dischi che avevamo in casa. All’epoca non ascoltavo ancora jazz ma c’erano un sacco di chitarristi favolosi e la cultura dell’assolo nella musica pop e rock era molto presente. Il jazz l’ho scoperto più tardi: è stato il mio primo professore di chitarra che mi ha fatto conoscere i dischi di John Scofield,Larry Carlton, Pat Metheny ecc. Non ci potevo credere, esistevano dei dischi in cui il chitarrista faceva degli assoli dall’inizio alla fine, fantastico!



JC: E in particolare un chitarrista jazz?


ML: A casa abbiamo sempre avuto una chitarra, mio padre sapeva suonarla ed è stato lui ad insegnarmi i primi accordi. La scelta dello strumento è stata quindi relativamente semplice e scontata: avevamo, una chitarra a casa, sapevo suonare un paio di accordi, quindi ero già un chitarrista!



JC: Ma cos’è per te il jazz?


ML: Il Jazz è lo stile musica più malleabile che esista. I suoi “codici” e le sue “regole” sono sempre in continua evoluzione e ognuno è libero di contribuire e proporre nuove forme. E l’unico stile di musica che mi permette davvero di esprimermi al massimo con il mio strumento e a livello compositivo.



JC: Quali sono le idee, i concetti o i sentimenti che associ alla musica jazz?


ML: Il concetto di Libertà è sicuramente il primo che mi viene in mente, ma paradossalmente anche quello di disciplina e di dedizione.



JC: Tra i dischi che hai suonato ce ne è uno a cui sei particolarmente affezionato?


ML: Direi di no, sono tutti importanti allo stesso modo, riflettono, ognuno a proprio modo, un periodo della mia vita. In generale sono comunque sempre più orientato a pensare al futuro e a quello che ho voglia ancora di realizzare.



JC: E tra i dischi che hai ascoltato quale porteresti sull’isola deserta?


ML: Ce ne sono cosi tanti e di stili così diversi tra loro che avrei veramente difficoltà a dover scegliere. Alla fine, forse, finirei per non prendere nulla. Per il momento sono affascinato dai siti come Spotify o Deezer , che mi permettono di ritrovare pezzi che pensavo di aver perso per sempre e allo stesso tempo di scoprire tantissime cose nuove. Quanta bella musica che esiste!



JC: Quali sono stati i tuoi maestri nella musica, nella cultura, nella vita?


ML: Direi principalmente i genitori, fratelli, alcuni zii ed alcuni amici. Poi ci sono stati degli incontri e degli scambi importanti con alcuni professori di musica o al liceo. Poi ci sono i dischi, i concerti, i libri ed il cinema.



JC: E i chitarristi che ti hanno maggiormente influenzato?


ML: In ordine assolutamente casuale: John Scofield, Andy Summer, Pat Metheny, Bill Frisell, The Edge, Mike Stern, Angus Young, Kurt Rosenwinkel, Nelson Veras e tantissimi altri? sarebbe impossibile citarli tutti.



JC: Qual è per te il momento più bello della tua carriera di musicista?


ML: Ce ne sono tanti ma non c’è un momento in assoluto. Ho dei bellissimi ricordi di alcuni concerti fatti con il mio gruppo o con Qu4tre (un quartetto collettivo di cui faccio parte), in particolare ad Atene alcuni anni fa durante il mese Luglio. Il pubblico era numerosissimo e attentissimo a quello che abbiamo suonato, è stata una serata magica. La cosa che mi affascina più di ogni altra cosa è il percorso. Il susseguirsi di momenti di ricerca a momenti di consapevolezza, di momenti di frustrazione che danno vita alla creazione ed infine alla condivisione.



JC: Quali sono i musicisti con cui ami collaborare?


ML: Preferisco collaborare con dei musicisti con cui vado d’accordo, con cui la relazione va aldilà della musica e del semplice rapporto di “lavoro”. Mi è capitato di suonare con dei musicisti incredibili con i quali però alla lunga non funzionava, non si riusciva a far nascere quell’alchimia che rende la musica speciale.



JC: Come vedi la situazione della musica in Italia?


ML: Vivo a Bruxelles ormai da parecchi anni e non conosco benissimo la realtà Italiana. Credo però che le difficoltà siano un po’ le stesse ovunque. C’è ormai da anni una forte crisi dell’industria discografica e mancano gli investimenti e la volontà di sostenere progetti che richiedono più tempo per svilupparsi. La musica che viene proposta dai media tradizionali è sempre più omologata. Non esistono quasi più degli spazi dedicati al Jazz, ma nemmeno a tantissime altre forme di musica e di arte non classificate. Diventa sempre più difficile accedere ad un certo tipo di cultura. Nonostante tutte queste problematiche, spesso rimango meravigliato nel vedere quante cose nuove, belle ed interessanti riescano comunque a nascere dai circuiti alternativi. Mi sembra che in Belgio ci siano più progetti ibridi e che sia più presente la voglia di fare convivere culture diverse tra loro. Probabilmente ciò si spiega anche dalla evoluzione demografica del paese. A Bruxelles vivono assieme 45 nazionalità differenti e il 46% della popolazione è straniera.



JC: Cosa stai progettando a livello musicale per l’immediato futuro?


ML: Oltre a presentare il mio nuovo cd dal vivo qui in Belgio, sto realizzando l’album di un cantautore romano, Giacomo Lariccia e scrivendo alcuni pezzi per il terzo album di Jennifer Scavuzzo.