Abeat Records – ABJZ 060 – 2008
Max De Aloe: armonica cromatica
Roberto Olzer: pianoforte
Marco Mistrangelo: contrabbasso
Nicola Stranieri: batteria
“Il ruolo del semplice musicista di jazz sembra andare stretto a Max De Aloe” sostiene, con grande intuito, Mario Caccia della Abeat Records e il percorso intrapreso per approfondire la sua musica e il suo sentire sembrano confermare a ogni passo l’affermazione. L’excursus tra le scelte artistiche di questi anni ci parlano di un artista profondo e di un’operazione importante anche dal punto di vista linguistico: uno che decide di intitolare i suoi lavori (musicali, o magari teatrali) “La danza di Matisse”, “Un controcanto in tasca”, “L’anima delle cose”, “Racconti controvento” induce certamente all’approfondimento. E se aggiungiamo il suo sorriso soddisfatto accanto a un grande come Toots Thielemans è impossibile non restare incuriositi.
Max De Aloe sceglie di avere accanto a sé tre ottimi strumentisti come Roberto Olzer al piano, Marco Mistrangelo al contrabbasso e Nicola Stranieri alla batteria nell’occasione di un progetto coraggioso e complesso. Lirico Incanto è infatti la trasposizione, in atmosfera jazz, di alcuni fondamentali temi della tradizione lirica italiana. E’ del tutto inutile negare che vi siano stati altri tentativi in questo senso, con esiti spesso imprevedibili, se non distonici, ma decisamente non è questo il caso. L’armonica cromatica di De Aloe rende concreta l’armonia di quelle pagine (inviolabili nell’immaginario di molti), e l’incipit Vesti la giubba da I Pagliacci di Ruggero Leoncavallo è perfetta proprio nella sua costruzione bipolare, da una parte il tema struggente e dall’altro una sezione ritmica incalzante che connota la scelta stilistica.
A centocinquanta anni dalla nascita di Giacomo Puccini questo lavoro ripropone alcuni tra i suoi più importanti temi: il geniale Coro a Bocca Chiusa dalla Madama Butterfly, Tu che di gel sei cinta dalla Turandot e naturalmente E lucean le stelle dalla Tosca – proposta dal gruppo in duplice versione, una delle quali davvero interessante dal punto di vista della riscrittura jazz. E se, da una parte, risulta un pochino faticosa la resa della strofa di Mi chiamano Mimi da Bohème (nonostante mi sia davvero appassionata all’esecuzione dal vivo, riscontrabile anche su You Tube), dall’altra il nodo di sentimenti che lega Tosca nella speranza di rivedere Mario Cavaradossi (Com’è lunga l’attesa) viene sviluppato in modo particolarmente intenso attraverso questa bellissima versione, e crea le basi per un’opinione totalmente positiva nei riguardi di questo progetto.
La prova più evidente del successo di De Aloe è stato sottoporre un amico melomane ‘irriducibile’ all’ascolto di queste tracce: pensava di uscirne quantomeno affaticato e invece si è scoperto entusiasta, e desideroso di un pronto riesame… Nelle note di copertina firmate da Paolo Fresu leggo “… In Lirico Incanto i temi sono eseguiti con quell’approccio filologico che ne fa risaltare l’aspetto drammatico e con quel rigore che ne amplifica le qualità melodiche e armoniche senza che questo comprometta il delicato rapporto tra scrittura e improvvisazione. Trattasi di un vero disco di jazz (…)”. Ubi maior minor cessat, dunque mi limito a sottoscrivere in pieno e torno ad ascoltare questo bel lavoro che da qualche giorno mi accompagna, e non solo per dovere di critica.