Stefano Bollani – Joy In Spite Of Everything

Stefano Bollani - Joy In Spite Of Everything

ECM Records – ECM 2360 – 2014




Stefano Bollani: pianoforte

Mark Turner: sax tenore

Bill Frisell: chitarra

Jesper Bodilsen: contrabbasso

Morten Lund: batteria





Joy In Spite Of Everything senza dubbio è uno dei migliori dischi realizzati, ad oggi, da Stefano Bollani. Anche uno dei più equilibrati. Qui tecnica, inventiva ed estro vanno di pari passo restituendoci un Bollani che riesce ad essere nello stesso tempo protagonista e gregario, come fa anche Frisell, quando deve cedere il passo e accompagnare chitarra e sax. E anche in quelle occasioni i suoi interventi sono sempre propositivi e complementari agli assolo dei due americani, senza dimenticare che la stabilità dell’assieme è data da due pilastri scandinavi come Morten Lund e Jesper Bodilsen.


Il disco si avvia con la forza suadente e solare del calypso di Easy Healing. Frisell, già collaudato con questo tipo di pezzi, This Land insegna, lo disegna sinuoso e flessuoso, quasi fosse un sexual healing casto e platonico. Bollani e Turner gli fanno il verso mentre la sezione ritmica si diverte a dettare i tempi delle movenze. È un pezzo scanzonato, autoironico e piacevole. Così come lo è No Pope, No Party, un brano a metà strada tra l’irriverenza zappiana e la “follia” creativa monkiana. Qui Turner si sfoga in un assunto aggressivo e deciso, da bopper consumato. Gira il disco e Bollani nell’esotico Alobar e Kudra s’inabissa in un passato temporale che rievoca le parabole powelliane. Il pianista le affronta, in trio, dal suo punto di vista, ricco di spunti, riferimenti e trovate di chi sa benissimo in quale file creativo pescare. Con Las Hortensias, cambia marcia immergendosi in una dimensione intimista e camerale, stile ECM, con il contrabbasso sugli scudi che “canta” la sua versione e Turner che si distacca dalle cose terrene sfuggendo la temporalità del trittico batteria/basso/piano. Arriva Vale, una ballad elegante che va a passo di walzer con tutti e cinque immersi in una cameristica narrazione, spesso solitaria in cui spicca un cameo friselliano di forte suggestione. Poi Bollani, istrionico, rinverdisce un po’ di storia di pianismo jazz. Frisell apre Teddy. Tra lui e Bollani comincia un dialogo serrato, ironico, che ci riporta indietro ai miti del jazz, Teddy Wilson, che Frisell asseconda “falsamente” in un gioco di rimandi e genialità che richiamano i chitarristi di un tempo. Isemene ci traghetta con leggerezza eterea nella dimensione camerale, ai limiti del rarefatto, tipica dell’etichetta tedesca. Chitarra e pianoforte intrecciano un dialogo di forte sensibilità melodica, alterando a volte il tema della ballad con piccole accelerazioni, improvvisazioni e dolci e ritmati ritorni. La sequenza intrigante di note su note del suggestivo Tales From The Time Loop e l’apporto immaginifico di Frisell fanno di questo pezzo, assieme ai dodici minuti di Vale, il più intenso ed emozionate dell’intero disco.


Joy In Spite Of Everything chiude il cerchio. È una composizione di piano trio alla Bollani, di forte dinamismo, improvvisazione e genialità enciclopedica. Giusta chiusura per un disco sopraffino, godibile e di forte appeal.



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