Parco della Musica Records – MPR 054CD – 2014
Gabriele Mitelli: tromba
Alfonso Santimone: piano
Giulio Corini: contrabbasso
Nelide Bandello: batteria
Gabriele Mitelli, al suo album d’esordio, punta in alto e compone un progetto di notevole fattura e di curioso interesse.
Il trombettista bresciano tenta di delineare, con intelligenza compositiva ed enorme sensibilità, un progetto che avvicini il jazz europeo e l’avant-jazz. Le influenze sono le più varie: si colgono in maniera evidente le sonorità dell’etichetta Ecm Records, cosi eteree e di stampo cameristico, e la lezione del polacco Krzysztof Komeda.
I riferimenti letterali sono precisi e specifici: Pasolini, a cui il musicista ruba il titolo di una famosa poesia per intitolare l’album, Modigliani, Utrillo, Artaud.
Gli interessi sono molteplici: uno sguardo aperto all’arte, un suono senza organi, per giocare con Artaud, non definibile strutturalmente che osa ma che nello stesso tempo è composto e rigoroso.
Al suo fianco troviamo un serie di suonatori provenienti dal collettivo musicale El Gallo Rojo che offrono un sostrato fertile per la sensibilità di Mitelli.
Con Maddalena già si definiscono le coordinate del progetto: il timbro della tromba è algido e di un lindore esatto; il piano tenta di introdurre climi e ritmi autonomi, la ritmica è slegata da ogni volontà di tenere la pulsazione ritmica.
Rains on the wire abbandona la melodia ed il piano si avventura in strade disconnesse mentre la tromba lascia lo spazio agli altri strumenti senza voler catalizzare l’attenzione.
Antonio Gramsci si caratterizza per l’attenzione alle dinamiche cupe e profonde della batteria di Bandello.
Missarà vorrebbe raccontarci un piccola storia che man mano si fa concreta e palpabile; Mitelli delinea la linea melodica ed i disturbi, gli strappi, gli innesti free di Santimone servono allo sviluppo dialettico della traccia.
In definitiva si tratta di un progetto rigido e coeso che non lascia nulla al caso pur introducendo abbagli di luce improvvisi.
Un inno alla notte che riecheggia nei primi versi della lirica pasoliniana: «[…] Ho la calma di un morto: guardo il letto che attende le mie membra e lo specchio che mi riflette assorto.»
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